"Se Santina fosse un film...". E' la premessa dell'opera prima del giovane regista romano (classe '77) Gioberto Pignatelli, secondo e ultimo italiano in concorso al 27esimo Torino Film Festival, ed è anche il suo problema, perché purtroppo un film non lo è.
Liberamente tratto da qualche pagina de La Storia di Elsa Morante e primo frutto del progetto cristomangiaeva di (ri)adattamento del romanzo a cui Pignatelli lavora dal 2006, Santina ci riporta nella Roma che fu (Seconda Guerra Mondiale) e che sarebbe (stata), incrociando la prostituta omonima reduce da mastectomia (Monica Perozzi), l'amante-sfruttatore Nello D'Angeli (Diego Guerra) e lo scampato all'Olocausto Davide Segre (Marco Lolli), i tre vertici di un triangolo di bruttezza, turpitudine e delitto, "il delitto classico di una zoccola". 
A raccontarlo, una forma che si vorrebbe sperimentale: digitale, bianco&nero e colore, animazione, viraggi, saturazioni, desaturazioni, sovrimpressioni, macchina a mano, e chi più ne ha più ne metta. Assistito da Susanna Nicchiarelli (Cosmonauta), il regista appunto mette di tutto, cercando la novità ma trovando un déjà-vu poco sincero.