"Meglio non prendere la vita a muso duro, lasciamoci andare!". L'invito viene da Gabriele Salvatores, che porta al cinema - dal 26 marzo con 01 Distribution - Happy Family, tratto dall'omonima commedia di Alessandro Genovesi per il Teatro dell'Elfo e interpreta da Fabrizio Bentivoglio, Diego Abatantuono, Margherita Buy, Carla Signoris e Valeria Bilello e Sandra Milo. Il protagonista è però Fabio De Luigi, un aspirante sceneggiatore che sta scrivendo una storia: quella di Happy Family.
Happy Family: ancora famiglia, Salvatores?
E' vero: da Io non ho paura a Quo vadis, baby? fino a Come Dio comanda, al centro ho messo la famiglia. Evidentemente gli anni passano e vedi quel che ti riguarda, anche se una famiglia a dire il vero io non ce l'ho…
Ma?
E' un discorso sulla famiglia, piuttosto che un focus sulle dinamiche familiari: gli 80% dei delitti in Italia accade in famiglia, e negli in anni '70 girava uno slogan: “In famiglia si respira un'aria stimolante pari a quella di una camera a gas”.
Con queste premesse, che famiglia è?
A parte l'ironia, è una famiglia molto allargata, fuori dall'accezione tradizionale: piuttosto, il titolo vuole sottolineare l'acquisizione di una community, la gang del rap.
Come la racconti?
Quella scritta da Alessandro era già una commedia molto cinematografica - dalla costruzione delle scene alle ellissi tipiche del montaggio - e comunque la derivazione teatrale non si sente più, se non nella sua natura metalinguistica.
Mostriamo qualcosa pensato da una persona all'interno di una stanza: non c'è realismo, ma credibilità. Ho evidenziato la messa in scena, attraverso inquadrature più distanti, più oggettive, senza camera a mano, con scenografie coordinate sui rossi, i verdi o i gialli. Inoltre, mi sono ispirato all'interattività dei social network e dei videofonini – avrei voluto che gli spettatori potessero scegliere in sala tra più finali con il cellulare…. - e spesso faccio parlare i personaggi in macchina, direttamente al pubblico.
E alla fine?
Come ne I soliti sospetti, la macchina da presa rimane nella stanza dello sceneggiatore e così rintracciamo la sua ispirazione: la fotografia di una barca a vela, la musica…
Quindi, che commedia è?
Non all'italiana, con tutto il rispetto e l'amore che ho, ma molto mediata, più dalle parti di Eternal Sunshine of the Spotless Mind o Essere John Malkovich.
Non a caso, nelle note di regia citi Groucho Marx: “Preferisco leggere o vedere un film piuttosto che vivere… nella vita non c'è una trama!”.
I personaggi non sono reali, sono inventati dallo sceneggiatore, ma si ribellano e riescono a coinvolgerlo, sostenendo che non si può prendere in giro la gente né sullo schermo né nella vita. E' facile raccontare le storie standone fuori, più ostico entrare nella vita, dove al massimo puoi fare l'attore, non il regista, perché, appunto, una trama non c'è.
Che finiranno per trovare questi personaggi?
Tutti hanno qualche fobia, paura di soffrire e godere, innamorarsi e vivere, ma alla fine ciascuno troverà una soluzione… 
Happy ending?
Voglio commuovere e far ridere, con un invito: non prendiamo la vita a muso duro, spesso gli sforzi sono inutili, lasciamoci andare.