“Il sessimo? Un uomo dagli elementi macho va a pezzi, ed è una gioia. Chi mi conosce sa che io non sono sessita, e infatti questo film è stato una soddisfazione”. Così Roman Polanski presenta La Vénus à la fourrure, ultimo film in Concorso a Cannes 66, tratto dalla piece teatrale di David Ives, che ha debuttato off e poi a Broadway nel 2010 con grande successo, a sua volta ispirata dal romanzo omonimo di Sacher-Masoch. Siamo  a teatro, il regista Thomas (Mathieu Amalric) si lamenta: tante attrici provinate e nessuna che possa incarnare Vanda nella piece La Vénus à la fourrure. Finché fradicia, scapigliata e apparentemente svitata entra in scena Vanda (Emmanuelle Seigner), di  nome e d'arte. La sua forza erotica travolge Thomas, e la finzione scivola progressivamente via: Thomas si sottomette alla sua mistress...
“A teatro sono cresciuto, a 14 anni in Polonia ero già protagonista sul palco, qui sono passato dalla stanza prove della piece al palcoscenico, con un set ricostruito, che mi ha concesso grande possibilità di movimento, azzerando la claustrofobia”, dice l'80enne regista. Evidente la somiglianza fisica con Amalric, ma le analogie non finiscono qui: “Me l'ha già detto mia madre, e mia nonna – rivela Amalric - era un ebrea polacca di Cracovia”, come i genitori di Polanski.
“E' un film semplice e veloce – prosegue il regista – mi piacciono le sfide e i soli due personaggi non sono stati un problema”, mentre Amalric sostiene che “in realtà i personaggi sono quattro, si sdoppiano tra persona e ruolo, facciamo fatica a capire chi ci sia sul palco”.
Sul discorso di genere che fa La Vénus à la fourrure, girato in lingua francese, Polanski commenta tra serio e faceto che “oggi offrire dei fiori a una donna è diventato indecente. Si sta cercando di livellare le differenze di generi e, non voglio esser marxista, è il risultato di un processo medico, pillole che inducono alla mascolinizzazione delle donne. Si sta levando via il romanticismo dalla vita, ed è un vero peccato”.
Viceversa, “la sfida del film è stata non annoiare il pubblico con due personaggi e un ambiente: l'ho trovato eccitante”. Il rapporto con gli attori? “Li ho dominati, il film parla di questo: li ho anche schiaffeggiati, ma non si sono mai almentati”, scherza Polanski.
Se il compositore Alexandre Desplat afferma che “Polanski apre a tutti i suoi collaboratori un campo creativo sterminato e profondo”, la Seigner, moglie del regista, definisce la sua Vanda “una dea, non so se della vendetta. Forse si sta vendicando per tutte le attrici maltrattate ai provini”.
Infine, Polanski parla del suo ritorno a Cannes, dove ha già vinto la Palma d'Oro con Il pianista nel 2002 (anche tre Oscar e sette César): “E' sempre bello, ma mi divertivo di più quando non ero famoso: oggi la gente mi ferma per strada e vuole foto e autografi. Cannes è la Mecca per chi vuole fare cinema, dà un'eccitazione tremenda”. E i premi? “Dire che non me ne frega nulla sarebbe da ipocriti”.