The Knick di Steven Soderbergh sarà presentata venerdì 17 e sabato 18 ottobre nell'ambito della IX edizione del Festival Internazionale del Film di Roma che si svolgerà dal 16 al 25 ottobre all'Auditorium Parco della Musica, con la direzione artistica di Marco Müller. Il nuovo lavoro del grande cineasta statunitense – premio Oscar® per Traffic, Palma d'Oro a Cannes per Sesso, bugie e videotape, autore di alcuni fra i maggiori successi cinematografici degli ultimi anni (la trilogia di “Ocean”, Erin Brockovich - Forte come la verità, Magic Mike, Side Effects) – vede protagonista Clive Owen, nei panni del geniale chirurgo John Thackery. L'attore britannico incontrerà il pubblico del Festival nell'ambito di una serata-evento in cui sarà proiettata l'intera serie con il finale di stagione in contemporanea con gli Stati Uniti. I dieci episodi – scritti da Jack Amiel e Michael Begler, sceneggiatori di Quando meno te lo aspetti e Qualcosa di straordinario – andranno in onda in esclusiva assoluta su Sky Atlantic HD in autunno.
The Knick, attualmente in programmazione sull'emittente via cavo statunitense Cinemax, è ambientata nella New York di inizio ‘900, all'interno dell'ospedale Knickerbocker. Il chirurgo John Thackery – un brillante pioniere di nuovi metodi nel campo della chirurgia che nasconde una dipendenza dalla cocaina – opera a capo di un team di medici e infermieri in un'epoca caratterizzata da elevati tassi di mortalità e assenza di antibiotici.
Accanto a Clive Owen, nel cast figurano tra gli altri Andrè Holland, Jeremy Bobb, Eve Hewson e Juliet Rylance. Secondo Indiewire, “The Knick è una lectio magistralis sulla fiction storica […], un'opera coinvolgente che ridefinisce le potenzialità estetiche del dramma storico”.

“Quante volte è successo che la migrazione di forme e contenuti dal cinema (e dalle altre piattaforme) facesse un giro completo? Poche volte, e sempre in tempi molto recenti (cfr. lo splendido Mildred Pierce realizzato da Todd Haynes per HBO) - dichiara Marco Müller, che prosegue: "Nella seconda età dell'oro della televisione, le serie avevano ripreso dal cinema tanto l'approfondimento dei personaggi che alcuni nuovi modi del montaggio e della fotografia. Questo è servito loro per rinnovare i modelli narrativi seriali, proponendo una "serie serializzata", con linee narrative verticali che si concludevano alla fine del singolo episodio, e linee orizzontali che proseguivano per l'intera stagione (a volte per le serie successive). Assistiamo oggi ad ancora un'altra trasformazione: autori e produttori di cinema sperimentano con le serie televisive. La televisione si rinnova ancora una volta, ri-mediando il cinema nelle miniserie antologiche dirette da un unico regista. I cineasti sono spesso nomi noti che, invece di firmare il solo pilot (e il concetto della serie) hanno finalmente la possibilità di raccontare in un tempo sufficientemente lungo – ma non tanto da far perdere di intensità la narrazione. È questa la nuova maniera audiovisiva di riproporre un romanzo. Se i film al cinema continuano a essere novelle, oppure fumetti a puntate, la televisione di qualità può permettersi di essere oggi istigatore e produttore di cinenarratività fuori formato, che possono a volte essere lunghe e pregnanti come un romanzo. Non ci può essere alcun dubbio, dunque, che il grande cineromanzo contemporaneo venga dalla televisione. E che il cineromanzo contemporaneo più importante dell'anno si chiami The Knick, diretto da Steven Soderbergh per Cinemax di HBO”.

Il Festival Internazionale del Film di Roma, su proposta del Direttore Artistico Marco Müller, consegnerà il Marc'Aurelio del Futuro ad Aleksej Fedorčenko, regista di Primi sulla Luna e Ovsjanki / Silent Souls (premiati entrambi alla Mostra di Venezia) e di Spose celesti dei Mari della pianura (in concorso a Roma nel 2012), produttore di oltre venti film, sceneggiatore e scrittore. In occasione della premiazione, il cineasta russo presenterà in prima mondiale il suo ultimo lavoro, Angeli della Rivoluzione (Angely revolucii), nella linea di programma “Cinema d'Oggi”.
Il nuovo film di Fedorčenko, ambientato in Unione Sovietica, racconta l'incontro e lo scontro fra differenti culture negli anni Trenta staliniani, attraverso lo sguardo di cinque artisti d'avanguardia, spediti a fare da agit-prop nelle regioni periferiche. La pellicola è un adattamento dei racconti di Denis Osokin, vincitore del prestigioso premio letterario russo per giovani autori “Debut Prize”, scrittore del romanzo che ha ispirato Ovsjanki e sceneggiatore di Spose celesti dei Mari della pianura. Nel cast di Angeli della Rivoluzione, fra gli altri, Darya Ekamasova, Konstantin Balakirev, Alexey Solonchyov.

“Aleksej Fedorčenko è una tra le figure assolutamente più originali nel panorama della produzione russa del Terzo Millennio – dichiara Marco Müller – Perché nel passaggio da un film all'altro ha saputo ogni volta reinventare genere e stile. Nella sua filmografia, il documentario è contraddetto dal mockumentary, il film drammatico e paesaggistico è ripensato in chiave di commedia panteista (Spose celesti dei Mari della pianura appare in questo senso come una risposta a Ovsyanki).
A partire dal primo straordinario lungometraggio (il mockumentary Primi sulla luna), Fedorcenko ha scardinato la struttura narrativa convenzionale (prosastica). Nei lungometraggi 'narrativi' successivi ha fatto ben di più che proporre una sua personalissima versione del cinema lirico-pittorico: esaltando l'aspetto figurativo ha spostato in secondo piano il testo e le sue strutture logiche, utilizzato le immagini per suggerire analogie, allegorie, metafore, deviazioni a-realiste (solo in pochi casi, surrealiste). Lo spettatore è costretto a misurarsi con un universo di significati e sentimenti che deve riuscire a intuire, prima ancora di poter comprendere.
Il rischio di schematismi dei soggetti tratti da opere letterarie, la rigidità della fabula vengono fatte esplodere dalla potenza delle immagini – sempre concrete, mai astratte anche quando i suoi film sono fatti di azioni sceniche estreme, dilatate o compresse, sempre illuminate da lampi di poesia.
Anche nel nuovissimo e scatenato Angeli della rivoluzione, dall'andamento di commedia satirica, la visionarietà delle immagini non è fine a se stessa. Serve a continuare la riflessione sui rapporti tra uomo e natura, a coniugare il fascino di una cultura tradizionale, vera o inventata che sia, con la violenza della Storia (del potere). E Fedorčenko si conferma, ancora una volta, come uno tra i pochi cineasti contemporanei capaci di inventare prospettive sempre rinnovate”.