Macchina del tempo Berlinale. A vent'anni dalla scomparsa dell'attore americano, viene presentato a Berlino un film con River Phoenix dell'olandese oggi ottantenne George Sluizer. Era il 1993 quando Sluizer aveva in mano il progetto Dark Blood. Phoenix, bello e dannato, era una delle promesse di Hollywood più brillanti. Ma la morte tragica dell'attore spinse il progetto in un cassetto dove era rimasto fino a oggi. Per l'anziano regista il completamento era “una questione di cuore”. Quando nel 2007 Sluizer si è ammalato, si è fatto una promessa: “Finire Dark Blood prima di morire”. Non semplice. “Naturalmente ho dovuto lavorare a stretto contatto con la famiglia Phoenix, con Joaquin, con la madre. Oggi la madre ci ha inviato i migliori auguri”.
Dark Blood è una storia quasi mitica, almeno nelle intenzioni.  Il protagonista Boy (Phoenix), vive in un deserto Americano devastato dai test nucleari. Circondato da fantocci voodoo aspetta la fine del mondo. Ma c'è un incontro. A Harrry (Jonathan Pryce) e Buffy (Judy Davis) in viaggio da Hollywood si rompe la macchina in mezzo al nulla dello Utah. Phoenix li aiuta, comincia a desiderare Buffy, e alla fine li tiene  in ostaggio. Outsider Phoenix: "Era una mente adulta sulle spalle di un ragazzino”, così Sluizer. Un ruolo cucito sul grande classico dell'outsider americano. Phoenix, nella realtà un ambientalista e animalista convinto, amava il progetto anche se, sullo schermo appariva già troppo adulto per un ragazzo, e troppo bambino per un adulto.
L'effetto “ricostruzione” poi non ha fatto  bene alla pellicola: interessante, ma non riuscita. Tuttavia, che malinconia rivedere Phoenix sul grande schermo. L'attore avrebbe detto al regista l'ultimo giorno di riprese prima di morire: “Non sono un ragazzo come gli altri”. Peccato rivederlo in un film a metà. Ma una sensazione resta:  Phoenix sarebbe diventato un grande attore.