Al TFF è andata in scena un'interessante riunione di famiglia per ricordare il grande Robert Altman, mancato il 20 novembre del 2006.
In occasione dell'omaggio curato da Emanuela Martini sono arrivati a Torino tanti collaboratori del regista di M.A.S.H. e Nashville: la moglie Kathryn, il figlio e producer designer Stephen, il produttore di molti dei film degli anni 80' Matthew Seig, gli attori Michael Murphy e Keith Carradine e il giovane Mark Minnet che ha svolto una ricerca sui primi documentari industriali del regista di Kansas City.
6 Short Cuts personali per raccontare di un uomo “spinto da un entusiasmo incredibile”, ricorda la moglie, “una forza che gli permetteva sempre di rialzarsi. Persino quando non riusciva a trovare finanziatori per i suoi progetti, aveva lo spirito di passare subito su un altro obiettivo”.
“Ogni regista dovrebbe lavorare a più di un progetto in contemporanea”, aggiunge Stephen “proprio perché non si può mai sapere cosa accadrà. Quando partecipava ai festival, Robert si portava sempre delle sceneggiature… Per non perdere alcuna occasione! Non è mai stato facile lavorare con lui, ma è sempre stato divertente!”.
Seig ricorda invece quanto fosse abile nel convincere gli altri della validità delle proprie proposte: “Prima di iniziare con i documentari e la Tv, Altman lavorò come tatuatore di ID identificativi per cani. Se riusciva a vendere quel prodotto, poteva vendere qualunque cosa! Questo suo magnetismo lo utilizzava anche sul set con gli attori: nessuno sapeva dirgli di no!”.
Divertente il provino che fece a Carradine per McCabe & Mrs. Miller: “Mi accolse in accappatoio mentre era intento a scartare un pacchetto proveniente dalla Colombia. Erano gli anni '70 per cui pensai si trattasse di un pacco contenente stupefacenti (in realtà si trattava di un pezzo di arte precolombiana). Mi chiese se avevo voglia di recitare nel film, dissi di sì, e il colloquio finì lì”.
Michael Murphy invece ricorda che sul set di Nashville disse agli interpreti: “Prendete i vostri personaggi e fateli vostri, arricchiteli con la vostra esperienza e sentitevi liberi di improvvisare. Però attenti: ho pochi soldi e 12 storie da raccontare, quindi non annoiatemi o vi taglio!”.
Si conclude parlando della raffinatezza dei film di Altman, fossero questi i capolavori corali che imparò ad amare dal nostro Federico Fellini, sia quelli più intimisti apprezzati da Ingmar Bergman.
Michael Murphy ci regala una frase che il regista amava ripetere riguardo al proprio cinema: “Hollywood makes shoes, I make gloves”.