Post-freudiano, post-modernista, non misogino. Questo il parere di Peter Greenaway su Rembrandt e questo il motivo che l'ha indotto a ispirarsi al suo Ronda di notte, per il film Nightwatching che lo porta in concorso al Lido. Dietro al film, accolto con calore quasi unanime da parte della critica, un'ammirazione sconfinata, a cui il regista imputa il suo interesse per il quadro più misterioso e controverso del pittore olandese: "Rembrandt era un Mick Jagger della pittura. Una sorta di popolarissima rockstar, che a 23 anni aveva già disseminato i suoi quadri per tutta Europa e andava molto di moda". La vicenda prende il via nel 1642, quando l'ormai affermato artista accetta con riluttanza un ritratto su commissione della milizia civica di Amsterdam. Durante la realizzazione del quadro, che passerà poi alla storia come la Ronda di notte, il pittore viene però a conoscenza di una cospirazione ordita proprio dagli esponenti della milizia. E' da questo momento, in seguito alla scoperta di un assassinio, che la fortuna gli volterà le spalle, condannando Rembrandt alla disgrazia. Il fascino nei suoi confronti, rivela Greenaway, affonda le radici nella sua passione per tutti i pittori olandesi: "Oltre a lui e a Vermeer - spiega - credo che Rubens e Velasques siano stati i primi a sperimentare la luce artificiale. Un elemento, in cui molto prima dei fratelli Lumiere, vanno ricercate le radici del cinema".