Ateismo integrale o spinta al confronto ecumenico: quale che sia il posizionamento finale di Religiolus, il nuovo film di Larry "Borat" Charles sembra destinato a scatenare scompiglio in un panorama cinematografico e culturale dove la temperatura di alcuni temi non sembra raffreddarsi mai.
Impegnato in un'indagine satirica e ultra-dissacrante sulle tre grandi fedi monoteiste, questo documentario sfacciatamente provocatorio uscira' in Italia venerdi' prossimo in trenta copie, distribuito da Eagle Pictures, la stessa società che portò in sala The Passion di Mel Gibson e Nativity di Catherine Hardwicke. In rischioso attrito con alcuni nervi scoperti dell'attualità, specie occidentale,  l'irriverente viaggio inquisitorio del regista e del comico americano Bill Maher  è stato presentato oggi a Roma in abbinamento all'incontro con alcuni rappresentanti religiosi: Victor Magiar, assessore alla Cultura dell'Unione Comunità Ebraiche Italiane; Khalid Chaouki, fondatore dell'Associazione Giovani Musulmani d'Italia; l'esperto di protestantesimo Paolo Naso  e il segretario dell'Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti, Raffaele Carcano.
Gli esponenti di questi diversi "credo" si sono soffermati prima di tutto sulla necessità di non considerare il film come un trattato: ''Non è un documentario scientifico o filosofico - ha spiegato Magiar - ci mette solo di fronte ad alcune questioni importanti, prima fra tutte il pericolo che la religione, come qualunque ideologia, venga usata per annichilire l'uomo anziché restituirgli dignità ''.
''Con un approccio intelligente possiamo considerarlo uno stimolo'', ha ribadito Chaouki, mettendo in luce come Religiolus possa aiutare i giovani musulmani a confrontarsi con le frequenti difficoltà ''a spiegare agli altri le loro tradizioni. In più connota bene certi estremismi, quindi ci fa un favore, evidenziando le devianze e le manipolazioni dell'Islam".
Anche secondo Naso, il documentario va considerato ''un'intelligente provocazione'', mentre per Carcano l'occasione per ''ribadire la libertà d'espressione della società laica, nonché un invito ai moderati delle varie fedi a esporsi un po' di più".
Condito da episodi di ''folklore religioso'' e da esplicite denunce alla deriva fondamentalista di tutte le confessioni, l'irriverente show iconoclasta del regista di Borat si appresta a pungolare le coscienze dei "religiolus" di tutti i cantoni, riportando alla ribalta - come ha sottolineato Magiar - "l'annosa questione dei legami tra politica e  religione", in tutto il loro potenziale esplosivo.