(Cinematografo.it/Adnkronos) - La storia vera di un devastante rapporto madre-figlia in cui si sfida il tabù dell'amore materno scontato e obbligatorio, approda in concorso alla Festa di Roma con L'amour caché, film che il regista romano Alessandro Capone ha tratto dallo spietato romanzo Madre e ossa di Danielle Girard, affidando il ruolo controverso della madre "degenere" che non riesce ad amare la figlia ad Isabelle Huppert, assente alla Festa perché impegnata su un nuovo set. La storia è quella di Danielle, parigina alla soglia dei cinquant'anni, ricoverata in una clinica privata dopo il terzo tentativo di suicidio. Autocondannatasi a un silenzio inviolabile, chiusa in un mondo senza più reazioni, bisogni, futuro, viene convinta dalla psichiatra (Greta Scacchi) che l'ha in cura e che non vuole rassegnarsi a perderla, a tentare almeno di mettere per iscritto alcuni pensieri. Tanto basta perché la giovane dottoressa abbia la prima fulminante intuizione: Danielle si identifica totalmente nel ruolo di madre, e la figlia Sophie (Mélanie Laurent, fresca vincitrice di un César come attrice rivelazione) è una figura invasiva della sua realtà. Con estrema fatica, Danielle percorre a ritroso la sua storia di madre fallita fino ad un terribile episodio dell'infanzia di Sophie. "Appena ho letto il devastante romanzo - racconta Capone - ho immediatamente desiderato farne un film. Perché affronta un argomento assolutamente tabù. Una madre non può scegliere di amare o meno sua figlia. Non può nemmeno lontanamente essere assalita dal dubbio; la deve amare e basta. Pena, in caso contrario, una profonda discriminazione e un inesorabile flagello di sensi di colpa". Il film, frutto di una coproduzione internazionale, ha avuto una genesi lunghissima: "Per realizzarlo - spiega ancora il regista - ho complessivamente impiegato sette anni. E' stato difficile montare finanziariamente l'operazione, che si avvale di un coraggioso ed innamorato produttore italiano, Massimo Cristaldi,e di una serie di apporti provenienti da vari paesi europei. Con Cristaldi siamo riusciti a convincere i partner grazie alla qualità del progetto, bussando alle loro porte con la sceneggiatura sotto il braccio". Capone ammette di aver pensato da subito come insostituibile protagonista alla Huppert e di averla inseguita a lungo e aspettata: "La prima volta che l'ho contattata, il suo agente mi ha detto che non sarebbe stata disponibile prima di un anno e mezzo. Ho deciso di aspettarla; le ho inviato la sceneggiatura; sono volato a Parigi per parlarle del progetto. Passavano i mesi e non ottenevo alcuna risposta; il marito al telefono mi diceva che, per decidere se accettare o meno una proposta, Isabelle ci pensa a lungo. Effettivamente è stato così. Alla fine ha accettato ed io ho avuto la fortuna di dirigere quella che reputo la più grande attrice contemporanea".