“Mi sono sempre piaciuti i western, e ho un debole per gli spaghetti western - in America li chiamiamo macaroni western - per il surrealismo e gli estremi che presentano, nonché il montaggio basato sulla musica”. Così Quentin Tarantino presenta l'atteso Django Unchained, in uscita il 17 gennaio in 500 copie con Warner Bros e interpretato da un cast all star: Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo Di Caprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington e il nostro Franco Nero.
Ambientato nel Sud degli Stati Uniti due anni prima della Guerra Civile, segue lo schiavo Django (Foxx) e il cacciatore di taglie Dott. King Schultz (Waltz) che, alla ricerca della moglie di Django Broomhilda (Washington), si imbatteranno nello schiavista Calvin Candie (Di Caprio), proprietario della famigerata piantagione Candyland. Tema centrale la lotta di liberazione dalla schiavitù degli afro-americani e, dunque, il razzismo, ma soprattutto per l'utilizzo del termine “nigger” accuse di razzismo sono piovute sullo stesso film, in particolare dal regista Spike Lee: “Non perderei tempo a parlare di Spike Lee”, ribatte Foxx, sottolineando “come tutti noi abbiamo lavorato con talento e intelligenza: sfortunatamente per chi gli dà contro, il film è un successo”. Se Tarantino aggiunge come “si contino sulle dita di una mano i western che parlano di schiavitù”, la Washington, alla domanda se il razzismo sia ancora presente negli Usa, allarga la questione: “Pensate a quanto è successo ieri al Milan (la partita con la Pro Patria di Busto Arsizio sospesa per i buu razzisti rivolti a Boateng e altri calciatori di colore, NdR), il problema non è solo americano ma dell'intero mondo”.
Viceversa, Waltz si sofferma sul lavoro con l'amico Quentin: “Altro che improvvisazione, mi sparerei nei piedi pur di non cambiare un rigo di sceneggiatura: per citare Wagner, quella di Tarantino è una Gesamtkunstwerk (opera d'arte totale, NdR)”, e sulla stessa lunghezza d'onda è anche Franco Nero, già protagonista dell'originario Django (1966) di Sergio Corbucci e qui in un gustoso cammeo: “Tarantino è un autore totale, uno dei pochissimi in Usa, insieme a Woody Allen e Oliver Stone”. Ma qual è l'eredità di Django? “Ci sono dei tocchi qui, il mio film si occupa di razzismo che comporta genocidi, e analogamente là c'era un colonnello bianco che va a massacrare i messicani: dunque, esistono collegamenti – spiega Tarantino – ma io volevo far arrivare al pubblico una parte della storia Usa e per questo ho preso il cappello di Franco (Nero, NdR) e l'ho messo sulla testa di Foxx. Django è un'icona, un sinonimo dello spaghetti western”.
E così si ritorna a parlare di razzismo: “Hollywood ha paura di un protagonista di colore, perché non crede che i bianchi possano vedere attraverso gli occhi di un non bianco: io non ci credo, ma qui ho affiancato a Django il personaggio di Schultz, secondo il sottogenere western del mentore”. Ancora, la Washington: “Abbiamo girato in un'autentica piantagione della Louisiana, un suolo sacro, come se un film sull'Olocausto fosse girato ad Auschwitz, pronti a incarnare gli orrori della schiavitù: ogni eroe deve uccidere il drago e qui il drago è la schiavitù”. “Non mi piace andare a vedere un film in cui si recita – aggiunge Samuel L. Jackson – e a Leo (Di Caprio, NdR) l'ho detto: non si può fingere, se no il pubblico di colore scoprirà che si sta mentendo: se non si prova repulsione, non è un lavoro onesto”.
Infine, Tarantino parla dei suoi nuovi progetti – “Ho scritto metà sceneggiatura di un film sui soldati di colore Usa impiegati in Normandia dopo il D-Day per seppellire i corpi dei nostri e tenere sotto tiro i tedeschi con fucili scarichi, perché ancora negli anni '40 i bianchi non si fidavano” – e chiude sull'amore per il cinema italiano: “Negli ultimi due film l'ho evocato in maniera possente. Mi piace Bellocchio e incontrare, come ho già fatto e farò anche stasera a Roma per l'anteprima europea di Django Unchained, Edwige Fenech, Barbara Bouchet, Sydne Rome, Gloria Guida, Sergio Martino, Umberto Lenzi per me è come incontrare gente del muto: sono loro le vere star”.