Vestito come la volpe Mr. Fox arriva Wes Anderson in occasione del format "Viaggio nel cinema americano", realizzato dalla Fondazione Cinema per Roma a cura di Mario Sesti e Antonio Monda. "Prima di decidere un film penso sempre a quello che vorrei evitare. Ma alla fine faccio sempre quello che non dovrei", così il regista texano di adozione newyorkese torna a raccontare un tema a lui caro: la famiglia, questa volta di volpi in stop motion. Parla a ruota libera: dal ritratto, in parte autobiografico, di un adolescente immaturo e ipercreativo di Rushmore ("è il film in cui mi sono concentrato di più sul tema della solitudine") alla sgangherata famiglia newyorkese di ex bambini prodigio, dove Gene Hackman è il pater familias de I Tenenbaum. "Ho scritto questa parte per lui e ho impiegato un anno a convincerlo. -dice- Ha una presenza intensa, non trae beneficio lavorando in un ambiente rilassato e non ama lavorare all'aperto perché i passanti lo distraggono. Se non fossi riuscito ad avere Hackman, avrei voluto Michael Caine".
Passa da un continente all'altro: “Non è che mi fossi stufato dell'America. Volevo girare anche in altri paesi. Nelle Avventure acquatiche di Steve Zissou ad esempio il personaggio voleva trasferirsi in Europa, quindi una scelta naturale anche per me. Fantastic Mr. Fox invece l'ho girato in Inghilterra perché c'è un ampia comunità che lavora con la tecnica della stop motion. In India ci sono arrivato a bordo de Il treno per il Darjeeling", prosegue sorridendo per la gioia dell'affollatissima platea dell'Auditorium di Roma. Narratore da sempre di un mondo di antieroi, Anderson descrive il suo nuovo protagonista (una volpe-rubagalline a cui sente di assomigliare) pensato dapprima per un film rivolto ai bambini, che strada facendo è diventato per adulti. "Forse – conclude - è un film per entrambi o forse non lo è per nessuno dei due!".