"Dopo Surviving Picasso - solo lui non era rimasto soddisfatto della sua prova - è stato magnifico ritrovare Anthony Hopkins: ultimamente, gli offrono quasi solo di interpretare mostri o cattivi, viceversa, lui si trova molto bene in gruppo, in un cast corale: non dimentichiamo, viene dal teatro". Parola del regista premio Oscar James Ivory, che dall'8 ottobre con Teodora (45 copie) porta in sala il suo nuovo film, Quella sera dorata, già fuori competizione l'anno scorso al Festival di Roma.
24esima collaborazione con Ruth Prawer Jhabvala, sceneggiatrice, tra gli altri, di Camera con vista, Quel che resta del giorno, Casa Howard, è tratto dal best seller omonimo di Peter Cameron, pubblicato in Italia da Adelphi, e interpretato da Hopkins con Charlotte Gainsbourg e Laura Linney. Protagonista, primus inter pares, è Omar Razaghi (Omar Metwally), che studia all'Università del Colorado e deve redigere la biografia di Jules Gund, scrittore sudamericano autore di un unico romanzo cult: tuttavia, gli eredi di Gund sono contrari al progetto e Omar viene convinto dalla compagna a raggiungerli nella loro tenuta in Uruguay per cercarne l'approvazione. Ma Omar si troverà in una situazione familiare imprevedibile, che contribuirà ad alterare ulteriormente: Adam (Hopkins), il fratello cinico e raffinato, Caroline Linney), la vedova orgogliosa, e Arden (Gainsbourg), la giovane amante che da Gund ha avuto una figlia. 
"Sono stato attratto dalla leggerezza di questo romanzo: nonostante le liti, alla fine tutto si risolve, come in un'opera di Mozart", dice Ivory, confessando che "è stato un grande piacere girare in Sud America, dove non ero mai stato, e sarebbe piaciuto molto anche a Ismail (Merchant, il suo partner artistico e produttivo alla Merchant Ivory, NdR), ma purtroppo se n'è andato...". E sul coté europeo di questa e altre sue opere aggiunge: "Sin da bambino sentivo una profonda nostalgia per il Vecchio Continente, per questo a 21 anni ci son venuto subito", sottolineando poi come "solo il 60% del mio cinema sia costituito da adattamenti in costume, il restante 40% non lo sono. Certo, negli anni '80 ho scoperto Henry James e tutto è cambiato...". Ma non il lavoro con gli attori: "Ritrovare i "vecchi" come Hopkins è una gioia, ma anche scoprirne di nuovi". Anche se la predilezione per l'attore britannico non è in discussione, Ivory rifugge però parallelismi troppo stretti: "Se non lavorasse morirebbe, viceversa, io non sono così. Inoltre, lui è inglese-gallese, io americano; ha avuto tre matrimoni, io nessuno; entrambi siamo pittori dilettanti, lui si diletta pure a comporre, a differenza di me", scherza il regista, che definisce i suoi film "l'autobiografia di tre persone: io, Ruth e Ismail, dentro abbiamo messo le persone che abbiamo incontrato, i luoghi visitati, le relazioni, gli interessi, come, appunto, la letteratura". E su quest'ultimo libro adattato da Ivory interviene anche Matteo Codignola di Adelphi: "E' un romanzo allo stato puro, come tra un po' temo non se ne faranno più, e mi ha colpito lo straordinario mix di fedeltà e invenzione con cui Ivory lo porta sullo schermo". Buona sera, dorata.