Pupi Avati ha girato dal 1968 (Balsamus) 38 film per il cinema. Il numero 39 è stato presentato oggi a Roma alla Casa del Cinema. Si intitola Un ragazzo d'oro, protagonisti Riccardo Scamarcio, Sharon Stone, Cristiana Capotondi. La storia è quella di Davide Bias, figlio di uno sceneggiatore di  film di serie B, oggi creativo pubblicitario a Milano col sogno di diventare scrittore. Quando arriva all'improvviso la notizia della morte in un incidente del padre, Davide torna a Roma in casa della madre. Qui, al funerale, incontra  Ludovica, un'americana intenzionata a pubblicare un libro autobiografico che il padre aveva intenzione di scrivere. Le cose si complicano da quel momento.
Assenti alla conferenza stampa Riccardo Scamarcio (nel ruolo di Davide, sul set a Londra) e Sharon Stone (Ludovica, rientrata in America), Pupi Avati entra subito nel vivo di quello che è il tema centrale, il rapporto padre/figlio: “E' vero –dice Avati - affronto con ostinazione e frequenza la figura del padre. Probabilmente tutto comincia dal fatto che mio padre è morto quando io avevo 12 anni, mio fratello 3 e mia sorella 8. Le madri per altro sanno supplire in modo meraviglioso all'assenza paterna, eppure crescendo quella figura mi si è proposta come sempre più necessaria.  Ricordo che papà aveva gettato le basi per produrre un film che non fece per lo scoppio della guerra. E oggi io costruisco il personaggio di uno dei figli più belli che si possano immaginare; uno che dona la propria salute mentale per il ricordo del padre”.
Alla domanda sui rapporti tra creatività e follia, Avati risponde deciso: “C'è un rapporto stretto, solo chi ha disturbi mentali può uscire dai comportamenti omologati.  Ci sono situazioni di trauma che ti permettono di  creare in modo meraviglioso.  Nello sguardo di Davide c'è quello di un figlio di oggi, un'attualizzazione che è merito di Tommaso, mio figlio, che ha scritto  con me la sceneggiatura”.  
Cristiana Capotondi interpreta Silvia, la ragazza di Davide che lui lascia eppure lo segue con affetto fino alla conclusione. “Da tempo volevo lavorare con Pupi, lui ti trasmette desiderio di vicinanze emotive. E poi ho avuto sul set Giovanna Ralli, attrice con una grazia particolare, anzi grazia unita a bellezza, professionalità  e talento.  E anche Sharon Stone, che mi ha permesso di mettere a confronto l'impeccabile meccanismo hollywoodiano con lo spirito artigianale del cinema italiano”.  
Di Sharon Stone, Avati dice; “Capricciosa come tutte le dive, se si potesse pubblicare tutto il carteggio intercorso con i suoi agenti americani, quello sarebbe un libro stimolante. L'abbiamo raggiunta in treno a Firenze (era andata ad incontrare Bocelli) e durante il viaggio verso Roma abbiamo definito la sceneggiatura. Il giorno dopo era sul set a Piazza del Popolo con i suoi 220 fotografi”. Avati conclude con una riflessione: “Anche io come il protagonista vivo l'ebbrezza del fallito. Ho la sensazione  di non aver ancora fatto il film della mia vita. Quindi mi sento un po' come Arturo Bias, lo sento incombere e immagino una situazione simile verso i miei figli, resto così sul terreno di un cinema che riflette mentre oggi si premiano cinismo, aggressività, arroganza.” Un ragazzo d'oro sarà nelle sale da domani giovedì 18 settembre, distribuito in 300 copie da 01 Distribution.