"Tutti gli esseri umani sono guidati e condizionati dalla paura. Esplorare queste dinamiche è quello che più mi ha spinto a realizzare Captivity, primo horror/thriller della mia carriera". Così Roland Joffe (regista inglese di Mission e Urla dal silenzio), intervenuto questa mattina a Roma insieme al produttore Marc Damon per presentare il suo ultimo film, ha introdotto i motivi che lo hanno portato, sette anni dopo Vatel, a realizzare un nuovo prodotto per il grande schermo, nelle sale italiane dal 31 agosto distribuito da Filmauro in poco più di 300 copie. 
Famosa, appariscente e bellissima, la giovane modella Jennifer Tree (Elisha Cuthbert, celebre figlia di Jack Bauer nel serial 24) scompare improvvisamente. Sequestrata e tenuta prigioniera in una cella buia, senza porte e senza finestre, sperimenta per la prima volta sulla propria pelle cosa significa il terrore. Scoprirà poco dopo che, oltre al suo aguzzino, in quello scantinato c'è anche qualcun altro che sta condividendo la sua stessa situazione. "La sfida più grande - racconta Joffe - è stata quella di girare l'80% del film nelle stesse condizioni di prigionia vissute dalla protagonista, in stanzette dallo spazio molto limitato che potessero cambiare rapidamente fisionomia come accade durante il racconto". Ricostruiti ai Mosfilm di Mosca, gli studios più vecchi d'Europa, in virtù della coproduzione USA/RUSSIA, gli interni del film "sono stati l'elemento aggiunto alla componente claustrofobica e terrorizzante dell'intero sviluppo della storia", ha spiegato il regista, fermamente convinto che "la scena e gli ambienti impostati nella maniera giusta possono garantire la massima performance degli attori impegnati, facilitati così ad entrare maggiormente in sintonia con le sensazioni dei personaggi". Accolto negli Stati Uniti senza grandi fortune, vittima forse di una strategia marketing non propriamente funzionale e inizialmente contestato dalle associazioni femminili per l'estrema violenza che alcune locandine del film suggerivano, Captivity segna il definitivo lancio sul grande schermo di Elisha Cuthbert, attrice 23enne conosciuta dal grande pubblico italiano grazie al televisivo 24: "Ha un enorme talento, riconosce Joffe, e riesce a comunicare con gli spettatori grazie a quel misto di sensualità e fragilità che la contraddistinguono. Probabilmente diventerà una star, ma al giorno d'oggi il mondo cambia così rapidamente che l'aspetto divistico di una volta può essere considerato alla stessa stregua di una candela, destinata a consumarsi nel giro di breve tempo". Imperniato sul triplice "gioco perverso" di possessione, seduzione e sottomissione che si viene ad instaurare tra carnefice e vittima, il film corre sui binari della tensione e del cambiamento, aspetto quest'ultimo che porterà la protagonista a scoprire il lato oscuro presente in ognuno di noi: "La contraddizione più evidente, sottolinea ancora il regista, è quella che si viene a creare nel momento in cui l'equilibrio tra due persone viene stravolto dalle dinamiche di potere. E' davvero strano, ma in seguito ad una sottomissione sia fisica che psicologica può capitare a volte di liberarsi dalle proprie barriere, quasi dimenticando le stesse paure provate qualche istante prima". Destinato qui da noi ad un successo maggiore rispetto che a qualsiasi altra parte del mondo(parola di Aurelio De Laurentiis, patron della Filmauro), Captivity ha segnato l'inizio di una collaborazione tra Roland Joffe e la Russia che è proseguita con la realizzazione di Finding t.A.T.u, film attualmente in fase di post-produzione che racconterà di due giovani ragazze, una russa e un'americana, conosciutesi perché entrambe appassionate del gruppo musicale che dà il titolo al film (gioco di parole che sta a significare "lei ama lei"), duo famosissimo in madrepatria formato da Lena Katina e Julia Volkova.