Quando Thomas Vinterberg ha visto Melancholia ha detto: "Lars, non so come potrai fare un altro film dopo questo". Bizzarro non è il termine giusto per definire il nuovo lavoro di Lars von Trier, piuttosto una gelida variazione sul tema della morte. La storia di Melancholia inizia con una successione di immagini bellissime sulle note del preludio di Tristano e Isotta di Wagner. "Ho sempre amato l'idea di un prologo - racconta von Trier, a Cannes con il cast al completo -, legato a un tema musicale. L'avevo già sperimentato in Antichrist". Il titolo Melancholia - spiega - ha un rapporto diretto (esplicito per lo spettatore) con la sua depressione: "Durante le riprese di Antichrist sono stato male, ho passato davvero un brutto periodo. Stavolta invece mi sono divertito molto".
L'idea del plot risale a uno scambio di lettere conPenelope Cruz, in cui gli scriveva della piece del drammaturgo Jean Genet, "Le serve". Penelope avrebbe voluto lavorare con lui, ma alla fine non se n'è fatto nulla e il suo posto l'ha preso Kirsten Dunst, mai così brava e bella. Un documentario su Saturno e un sito web sulle collisioni cosmiche hanno fatto il resto. Von Trier ha sostituto "Le serve" con due sorelle e diviso il film in due parti. La prima intitolata a Justine (Kirsten Dunst), la più malinconica e irrequieta delle due, che cerca dimora nella società senza trovarla. Ambientata la sera del suo matrimonio in un magnifico castello svedese, narra la sua irrimediabile discesa nella spirale della malinconia. L'altra è dedicata a Claire (Charlotte Gainsbourg, straordinaria), alla sua felicità con il marito (Kiefer Sutherland) e il figlio, e si intreccia con il countdown finale.
"Kirsten è davvero dotata - dice von Trier -. Ha molte più sfumature di quanto pensassi e ha il vantaggio di aver avuto una depressione. Tutte le persone sensibili ne soffrono". Autoreferenziale, nel bene e nel male, fino alla fine del mondo.