La prima edizione del Ca' Foscari Short Film Festival, concorso internazionale di cortometraggi concepito, organizzato e gestito direttamente dall'Università Ca' Foscari di Venezia, prosegue il suo cammino con una seconda giornata molto intensa. I lavori sono ripresi ieri pomeriggio al Teatro di Ca' Foscari a Santa Marta con un workshop, introdotto da Valentina Re e condotto da studentesse provenienti da diversi corsi di laurea dell'Ateneo, sulla pratica creativa dei titoli di testa: da Saul Bass sino alle più recenti serie televisive, dal cinema italiano del passato agli autori contemporanei, dal citazionismo al fanmade. Se molti corti aspirano ad essere lungometraggi, ecco che da un lungometraggio può essere estrapolata una corta ma fondamentale sequenza dotata di autonomia artistica in quanto non solo film nel film ma soprattutto film sul film, incaricata di accompagnare lo spettatore sin dentro l'universo filmico. Ad attestare il fascino e la diffusione dell'utilizzo dei titoli di testa presso il pubblico generalizzato segue una carrellata di originali estratti da filmini amatoriali messi a disposizione dall'Associazione Home Movies - Archivio Nazionale del Film di Famiglia e presentati da Lucia Tralli.
La proiezione di cinque dei trenta cortometraggi in gara è preceduta da una interessante discussione col pubblico degli stessi registi, provenienti da scuole di cinema pubbliche e private di tutto il mondo, e di alcuni giovani cineasti di Ca' Foscari. Il dibattito vede le future promesse del cinema confrontarsi fra loro e con gli spettatori sulle difficoltà incontrate durante la lavorazione ma anche sulla forza delle ispirazioni e dell'amore per il cinema, la stessa che unisce i cineamatori di Singapore e americani a quelli italiani e tedeschi. Di amore e di amicizia, di cinema e di società, di tutto ciò parlano i loro lavori attraversando vari stili e le più diverse tecniche.
Il programma speciale della serata si è incentrato sulla geniale figura del regista Roberto Nanni che ha discusso col pubblico al termine della proiezione di alcune sue opere, due delle quali inedite in Italia (Una fredda giornata; Luce riflessa restituita alla notte) e soprattutto l'intervista-conversazione con Derek Jarman. Il legame con le avanguardie tedesche è tangibile, così si fa altrettanto nitido il fil rouge che lega i diversi eventi del Festival: questo regista che rifiuta di esser chiamato tale se ciò comporta un connubio col potere, che ama intervenire sullo spazio di errore dato dalla tecnologia per non farsi sopraffare da essa, inevitabilmente riporta alla memoria la violenza purificatrice e i corpi usati simbolicamente come materia pittorica dagli azionisti viennesi coi quali il giorno precedente si era inaugurato il Festival. Nanni ha sempre privilegiato la forma del cortometraggio e le sue produzioni sperimentali nascono dalla collisione fra il video e le altre arti quali musica, danza, pittura: scelta che rende ogni suo lavoro poco circoscrivibile in un determinato contesto. Egli insomma sfugge alla gabbia delle etichette; a dirla tutta, le “sculture di polvere” che elegge a protagoniste dei suoi corti sembrano riflettersi chiaramente in quello “stato gassoso della percezione” evocato da Deleuze.