“Luc Moullet va nel senso della nostra scelta di un cinema che sa mescolare documentario e costruzione tipica della finzione” dichiara Luciano Barisone, direttore artistico del Festival dei Popoli, che ha deciso di inaugurare la cinquantesima edizione, a Firenze fino al 7 novembre, con La terre de la folie dove l'autore francese - raccontando il suo paese natale nella parte meridionale della Francia - ha scelto un taglio molto personale, coinvolgendosi nella realizzazione del film dietro e davanti la macchina da presa.
In un'area piuttosto isolata, dove, come rivela il documentario ricco di humor, grottesco e ironico, si sono susseguiti diversi crimini riconducibili a menti folli, l'autore della Nouvelle Vague - non presente alla kermesse toscana perché impegnato in un nuovo progetto - attraverso il  pentagono astratto di alcuni paesini del territorio ci guida nell'analisi dei casi che hanno coinvolto anche membri della sua famiglia, mettendosi spesso accanto ai testimoni dei fatti, facendo sentire la sua presenza e partecipazione alle vicende narrate.
Dalla denuncia della poca attenzione della Francia per il tema, alle teorie sugli effetti devastanti di Chernobyl, passando per la genetica e l'isolamento territoriale, lo spettatore si diverte e segue le diverse ipotesi, fino al teatrino finale col regista che rimette tutto nuovamente in discussione, allontanando lentamente la macchina da presa in stile comica da cinema muto.
Presentato al festival di Cannes 2009 e in prima nazionale al festival fiorentino, La terre de la folie analizza la follia, uno dei temi forti di quest'edizione, che verrà declinata in accezioni che non avranno nulla a che fare con la demenza, ma si riferiranno sempre alla pazzia contemporanea che coinvolge tutti “come un battello ebbro dal quale non sappiamo scendere”, conclude Barisone.