(Cinematografo.it/Adnkronos)"Se avete riso, avrete i vostri motivi. Ma non sono io a poter spiegarmi il perché. Ogni film può piacere o no e questa sera avremo in sala alla proiezione ufficiale un altro pubblico più simile a quello che interessa a me e che paga il biglietto per andare al cinema per vedere i film". E' visibilmente teso Michele Placido nel rispondere, in conferenza stampa, alle domande dei giornalisti che ieri sera hanno accolto con fischi e risate la proiezione in anteprima per la stampa di Ovunque sei, il film da lui diretto, interpretato da sua figlia Violante con Stefano Accorsi, Barbora Bobulova e Stefano Dionisi, che viene presentato oggi ufficialmente nel concorso principale della Mostra del Cinema di Venezia. "Io da anni non vorrei andare ai festival, mi affaticano i cerimoniali ed il mio film era pensato soprattutto per andare incontro al pubblico che aveva amato il mio film precedente, Un viaggio chiamato amore".
"Dopo quel successo - prosegue il regista - c'era la volontà di tornare a lavorare con Stefano Accorsi. A darci la spinta per un nuovo film, erano state proprio le critiche negative allora ricevute a Venezia". La storia è quella di un medico di pronto soccorso (Stefano Accorsi) che lavora a bordo delle ambulanze e di sua moglie (Barbora Bobulova) un chirurgo che opera nello stesso ospedale. Lui morirà in un tragico incidente proprio quando la loro storia cominciava ad incrinarsi, grazie al debole del primario (Stefano Dionisi) per il personaggio interpretato dalla Bobulova e per le simpatie del medico-Accorsi per una giovane allieva (Violante Placido) che perderà la vita nella stessa tragedia automobilistica. Da quel momento il medico deceduto comincerà a "vedere" la sua vita dall'aldilà, facendo i conti con un amore giunto a un bivio ed uno appena nato.
Placido dice di essersi ispirato a Luigi Pirandello: "Una sera - racconta - dopo aver bevuto un bicchiere di vino ho cominciato un passaggio del racconto La carriola: 'Chi vive, quando vive, non si vede, vive... se uno può vedere la propria vita è segno che non la vive più, la subisce, la trascina'. Da quel momento in poi sono entrati in gioco gli sceneggiatori". Il film è infatti stato scritto da Umberto Contarello, Francesco Piccolo e Domenico Starnone, con la collaborazione dello stesso Placido. Ma a chi gli fa notare che proprio la sceneggiatura, e soprattutto i dialoghi, hanno destato perplessità nella critica, Placido si chiama fuori: "Sulla sceneggiatura sono loro i colpevoli - dice ridendo rivolgendosi agli sceneggiatori - perché a me non piace scrivere".