Patria. L'irriverenza del film è già tutta nel sottotitolo: "la gloriosa nazione del Kazakhistan" a beneficio della quale conduce il suo "studio culturale sull'America" è un paese di catapecchie di fango, famiglie sgangherate e macchine trainate da malconci cavalli. Gli Stati Uniti ne escono però ancora peggio: patria di razzismo, xenofobia e meschinità umane, esaltata dal suo monologo al rodeo. Emblematico il crescendo patriottico con cui inneggia alla guerra in Iraq, fino a rassicurare la folla sul fatto che grazie a Bush "sarà versata fino all'ultima goccia del sangue di ogni donna e bambino".

Famiglia. Come mostrano le prime scene, della sorella Natalya va orgogliosissimo. E' una procace biondona, che si sbaciucchia e presenta alle telecamere come la quarta prostituta più famosa del Kazakhistan. Per simili motivazioni va molto fiero anche del fratello. Si chiama Bilo, ma è costretto a tenerlo in gabbia perché mentalmente ridardato.

Hobby. Nelle giornate di magra si accontenta di andarsene in giro a sparare ai cani. Il suo passatempo preferito è però il tiro all'ebreo e allo zingaro. Una vera e propria ossessione, che coltiva con metodo certosino: dalla scelta dell'arma più adatta per eliminarli, all'auto che meglio resista all'urto nell'investirli.

Donne. Gli piacciono moltissimo, nonostante un chiaro difetto di fabbrica. Come ammette con candore intervistando un gruppo di femministe, il problema è che hanno il cervello più piccolo degli scoiattoli. Dalla tv poi la folgorazione: nella forma, o meglio le forme, di Pamela Anderson: capelli d'oro, sorriso d'incanto e altri irresistibili particolari "di una bambina di 7 anni". E' per lei che si imbarca nella traversata degli Stati Uniti.

Bon ton. I primi passi negli Stati Uniti sono decisamente maldestri. Alle donne che incrocia chiede quanto vogliono, si lava la faccia nel water e va in giro con una gallina nella valigia. Non trovando un bagno pubblico, si accovaccia addirittura dietro un cespuglio di fronte al Palazzo di Vetro dell'Onu: una scena che è costata il fermo a un paio di membri della troupe.

Reazioni. L'entusiasmo suscitato alla Festa di Roma ha spinto addirittura alla mobilitazione la corazzata mediatica di Giuliano Ferrara: edizione speciale e prima pagina monografica del Foglio, che fanno il paio con la scia di successi mietuti in tutto il mondo. Incassi da capogiro dal Puertorico agli Stati Uniti, dove sotto Natale ha addirittura piegato al boxoffice Santa Clause è nei guai. Il prezzo da pagare sono stati lo spettro della censura ridestato in Russia e le reazioni diplomatiche dello stesso Kazakhistan. Come ha però di recente ammesso il suo presidente: "Anche la cattiva pubblicità è pubblicità. Almeno adesso il mondo sa che esistiamo".

Cloni. Come ogni caso che si rispetti, anche Borat porta con sé uno strascico di polemiche. Su tutte la rivendicazione di più o meno comuni cittadini, che accusano Baron Cohen di averli saccheggiati per dar corpo all'inviato kazako dalle uova d'oro. Primo in ordine di tempo l'ex giornalista turco Mahir Cagri: celebrità ormai internazionale del web, che minaccia di farsi giustizia con un "contro-film" sul vero Borat. Alla lista dei pretendenti si aggiunge ora anche un comico israeliano. La sua singolare rivendicazione riguarda il copyright dell'urlo di battaglia "uauawiwa".