“Fatelo vedere al Papa”. Lo chiede a più riprese Stephen Frears, che porta in Concorso a Venezia 70 l'acclamatissimo Philomena, interpretato da una magistrale Judi Dench e da Steve Coogan. Sceneggiato dallo stesso Coogan con Jeff Pope, è tratto dal romanzo The Lost Child of Philomena Lee (2009) del giornalista Martin Sixsmith (Coogan) e racconta la vera storia di Philomena (Dench), che nell'Irlanda del '52 rimane incinta e vinee mandata nel convento di Roscrea, dove vengono rinchiuse le “ragazze perdute”: ancora molto piccolo, il figlio viene dato dalle suore in adozione a una coppia americana. 50 anni dopo Philomena non ha smesso di cercare il figlio, allorché incontra Sixsmith…
“Perché voglio farlo vedere al Papa? Mi sembra un buon tipo, un bravo tipo”, aggiunge Frears, che complice la qualità del film e l'interpretazione della Dench potrebbe bissare il successo di The Queen interpretato da Helen Mirren (2006, Coppa Volpi alla Mirren): “Un Oscar per Judi? Non ne ho la più pallida idea. Non l'ho scelta, perché io sono stato l'ultimo a essere scelto, ma i guai ci sono quando non si lavora con lei”. La Dench ha incontrato Philomena Lee prima delle riprese: “Una signora 80enne estremamente divertente, vivace, con un senso dell'umorismo naif, temo simile la mio”. Le chiedono delle sue emozioni, perché in proiezione stampa si è pianto, ma l'attrice precisa: “Le mie emozioni non c'entrano, ma le sue: bisogna cercare di trasporsi in un'altra persona, Philomena”.  Viceversa, il comedian Coogan parla dell'umorismo del film: “Serviva, perché la storia è così triste, deprimente di per sé, l'importante era non eccedere, ho chiesto a Frears di trattenermi. L'equilibrio era difficile trovarlo, perché l'aspetto comico non doveva rendere triviale la storia”.
Venendo al tema delle reazioni della Chiesa Cattolica, la Dench dice: “Non so quali saranno, ma è una storia che andava raccontata. Non conosco altre sorelle Maddalene, e ci sono state ragazze cui le suore hanno permesso di tenere i propri figli, ma Philomena non ha avuto questa possibilità, ed è terribile”. Aggiunge Pope, “ ci sono due torti: il primo, che il bambino le sia stato tolto negli anni '50, ma il più grosso è la successiva copertura ai danni di Philomena e del figlio. Questo film non accusa la Chiesa di eventi di 50 anni fa”. E, aggiunge Coogan, “non è un attacco alla Chiesa, sarebbe semplicistico, piuttosto volevamo dare dignità alle persone con una fede semplice come Philomena che vengono dimenticate”, perché sottolinea la Dench “la cosa più rimarchevole è che Philomena ha ancora fede”.
Interviene anche Frears: “Non mi preoccupava il valore sociale, ho capito subito l'importanza e la complessità del tema: rispetto la fede di Philomena, ma il mio cuore tende dalla parte del giornalista cinico che s'arrabbia, mi spiace dirlo”. Perché alla fine, mentre Sixsmith fatica a reprimere la propria rabbia, Philomena perdona le suore che l'hanno tenuta all'oscuro della verità per decenni: “Il perdono è uno dei dogmi della Chiesa cattolica – dice Pope – ed è divenuto l'obiettivo del film, anche se abbiamo faticato a capirlo”. Ma che ne pensa la Dench di questa scelta: “Non posso immaginarmi di trovarmi in quella situazione e perdonare, non ho un'umanità così profonda. Ho una fede diversa da quella di Philomena, dubito che potrei perdonare davvero”.