Al Festival di Pesaro prosegue il dibattito intorno alle nuove forme di cinema neo-sperimentale e alla sua possibile fruizione, attraverso incontri, dibattiti e riflessioni. E, proprio su questa linea, si è svolto l’usuale appuntamento mattutino al Centro Arti Visive Pescheria. La mattinata, infatti, si è aperta con la presentazione del volume Cinema neosperimentale italiano Quaderni del CSCI (Centro di studi del cinema italiano), presieduto dal presidente dell’associazione culturale “Fuori Norma” Adriano Aprà assieme a Gianmarco Torri e Giacomo Ravesi.

Un’occasione, questa, per porre l’accento sui temi già affrontati nei giorni precedenti, dall’importanza e il duro lavoro portato avanti dalle sale indipendenti (come l’Apollo 11, rappresentata oggi da Ravesi), alle potenzialità espressive del cinema nesperimentale. “L’industria va avanti pensando che il cinema è solo quello delle sale pubbliche, anche le riviste trattano solo ciò che è ufficiale, ma la maggior parte delle opere migliori non ne fanno parte”, ha esordito uno dei volti storici della Mostra, Adriano Aprà, che ha poi continuato con vena provocatoria sostenendo che i vari Sorrentino e Garrone fossero quasi ‘una rovina’ per il cinema italiano, cercando di spiegare l’importanza di tantissime opere che purtroppo, troppo spesso, rimangono al di fuori della dimensione festivaliera e distributiva.

Non solo cinema sperimentale però. Uno dei focus più importanti di quest’anno, infatti, riguarda il cinema delle donne. E anche la mattinata di oggi è stata un’occasione per ribadire il ruolo femminile all’interno dell’industria cinematografica, grazie alla proficua tavola rotonda dedicata agli "Sguardi femminili russi".

Il dibattito, moderato dal direttore artistico del festival Pedro Armocida, ha visto l’attiva partecipazione delle registe e della curatrice della sezione Giulia Marcucci che ha cercato di fare un po’ il punto sulla cinematografia femminile russa oggi.  “È stata una ricerca lunga quella che ci ha portato a selezionare i cinque film della nostra sezione, supportata dalla voglia di portare avanti temi importanti. Ad aprire e chiudere la rassegna sono stati infatti due documentari e i nodi tematici di tutti i lavori sono più o meno sempre gli stessi: la mancanza di una forte presenza maschile, il ricordo, la presenza dell’anzianità e la natura russa decentrata dai centri urbani” ha spiegato la Marcucci cercando di tracciare delle linee comuni di questo cinema.

Un appuntamento coinvolgente, che ha dato modo ai presenti di confrontarsi direttamente con i lavori delle autrici, di cui alcune delle pellicole verranno mostrate durante i prossimi giorni di Festival. Oggi, per esempio, sarà il turno di Pagani di Lera Surkova, tratto dall’omonima piéce teatrale di Anna Jablonskaja che affronta importanti temi quali la fede e la religione senza mai sfociare in estremismi.

Un momento, quello di questa mattina, in cui le cineaste hanno avuto modo di ripercorrere alcuni grandi capolavori del passato, indicando quali sono state le influenze che hanno maggiormente condizionato il loro percorso artistico. L’aspetto più interessante, forse, è stato quello riguardante il confronto tra il cinema di finzione tradizionale ed uno più legato alla realtà a cui il cinema russo si sta aprendo sempre di più. Un nuovo cinema russo, quindi, è possibile e il Festival di Pesaro ce ne ha già dato prova.