"Scegliere di interpretare una parte o dirigere un film è come scegliere il partner, bisogna farlo bene". Così il regista Sean Penn, che porta alla Festa di Roma Into the Wild: a tre giorni dalla conclusione, è il primo titolo di assoluto valore nel cartellone della kermesse romana, accolto da applausi scroscianti sia al termine della proiezione per i giornalisti che in apertura della conferenza stampa.
"Non amo meno gli uomini ma più la natura": sono i versi di Lord Byron, che Penn sceglie per l'incipit del biopic del 22enne Christopher McCandless, che dopo aver conseguito la laurea nel 1992, decide di abbandonare famiglia e studi per mettersi on the road: destinazione finale Alaska, dove il suo corpo verrà ritrovato senza vita in un autobus abbandonato.
Nei panni di Christopher è Emile Hirsch, già visto in Alpha Dog e Lords of Dogtown, protagonista di una prova stupenda: "Ho una recitazione fisica, ma qui mi sono dovuto superare: caldo, gelo in Alaska, arrampicate, tuffi, discese delle rapide in kayak". Gli fa eco Penn: "L'avevo visto sullo schermo, e mi era piaciuto subito, sin dal modo di camminare. Abbiamo passato 30 giorni insieme a prepararci: Emile avrebbe avuto la volontà di passare 8 mesi sul set in condizioni proibitive? Puntare su di lui è stata la miglior scommessa che abbia mai fatto".
Fondamentale il rapporto con i genitori e la sorella di Christopher McCandless: "E' nato un rapporto di fiducia reciproco - dice Penn - costruito nell'arco di 10 anni, tanto ci è voluto perché mi dessero il permesso di portare sullo schermo la vita di loro figlio". "La sorella di Chris, Corinne, mi ha illuminato più di ogni altra cosa nell'interpretazione - aggiunge Hirsch - mi ha fatto sentire tutto l'amore che prova per il fratello, come se fosse ancora vivo: il suo cuore mi ha guidato nella recitazione". "Non ho fatto alcun sforzo per evitare di farne un martire o indulgere nei difetti di Chris", dice Penn. Sulla stessa lunghezza d'onda, Hirsch: "Ho cercato di rispettarne realtà e autenticità: il suo grande amore, ma anche l'egoismo, l'immaturità e l'avventetezza". "La prima parte del film - prosegue Penn - è la storia della fuga di Chris dalla corruzione della famiglia e del mondo, ma la parte dominante è la scoperta di un luogo in sintonia con quello che il ragazzo sta diventando: la celebrazione della libertà".
Spaziando dalla rabbia - "E' il combustibile della mia creatività: quando la stupidità raggiunge un volume troppo alto, mi monta dentro" - alla solitudine - "E' un valore che va allargato agli altri, condiviso" - e alla testardaggine - "La mia più cara amica" -, Penn attacca prima il buonismo formato famiglia - "Non credo nel pregiudizio di sangue, nei debiti verso i propri familiari: tutto va guadagnato" - e poi l'etichetta di cinema politico: "I film importanti sono quelli che interessano al regista: l'attuale proliferazione di film a carattere politico non discende da scelte artistiche".