Un'inserzione girata per le scuole, più di 600 provini e una dozzina di giovani desiderosi di coronare un sogno e imparare il mestiere di attore: questo è Io non ci casco, il film prodotto e interpretato da Maria Grazia Cucinotta, nelle sale italiane a partire dal 5 dicembre con circa 60 copie distribuito da Medusa. "Questo non è un progetto, è un miracolo", racconta il regista Pasquale Falcone, che in questa storia ha messo non solo tanto entusiasmo ma anche un po' della sua biografia: "Ho avuto un incidente da ragazzo e sono stato in coma per due settimane, un'esperienza che mi sono sempre portato dietro. Poi è successo anche a un amico di mio figlio".
Incidenti col motorino, adolescenti messi d'improvviso davanti allo spettro della morte, aborto, eutanasia: tutti temi che, in effetti, investono la quotidianità di molti ragazzi e riempiono la cronaca. Sulla questione delicatissima dello "staccare la spina - dice però Maria Grazia Cucinotta - non si possono proferire giudizi assoluti perché è tutto soggettivo; meglio non dare risposte a un problema che non ti appartiene. Questa storia, però, tratta il coma al pari di una vita che continua, sia per il malato, sia per i suoi amici. Quel ragazzo ha un cuore che batte, e finché continuerà a battere i suoi cari lo considereranno vivo. L'incidente e il coma sono solo il pretesto per parlare in modo diverso dei giovani di oggi". Niente bulli, sbandati o mocciosi con tanta boria e pochi valori: "Questi giovani hanno tanti sogni, tanta voglia di vivere e di essere ascoltati, per questo davanti al letto d'ospedale del loro amico si lasciano andare alla voglia di raccontarsi". Io non ci casco cerca poi di inviare agli adolescenti anche un messaggio di responsabilizzazione, come ricorda il famoso dj Claudio Coccoluto che ha preso parte al film in qualità di guest star: "E' più importante un film come questo che cento di quelle orribili e controproducenti campagne istituzionali, contro cui mi batto da sempre".
Un prodotto, dunque, che cerca di raggiungere i giovani parlando il loro linguaggio, anche grazie alla spontaneità degli interpreti, scelti appositamente fuori dai normali circuiti, nel mondo reale. "Siamo passati dal cinema visto a quello vissuto. Prima di cominciare, per me ‘dolly' era solo una pecora", racconta uno dei ragazzi riassumendo con una battuta l'importanza di questo film, che con due lunghi anni di preparazione ha portato dei semplici studenti, provenienti da varie province della Campania, a diventare attori se non proprio professionisti, quanto meno consapevoli. "Quando riesci a realizzare il sogno di un ragazzo del sud è già una vittoria", conclude Maria Grazia Cucinotta, orgogliosa dei suoi interpreti così entusiasti e pieni di vita, al contrario di quelli che di solito bazzicano i grandi set. A questa "piccola grande" pellicola, costata 900mila euro, tutti - dalle comparse al direttore della fotografia - hanno partecipato a titolo gratuito perché, assicura la produttrice, "il cinema può costare 100 o può costare 1000, dipende dalla volontà del gruppo. L'emozione però non si paga, non costa: traspare se c'è la voglia di farla trasparire".