Pioggia e fitta nebbia. Qualcuno potrebbe pensare che è solo un effetto cinematografico per compiacere il genio dell'horror che in questi giorni si aggira nella capitale subalpina per girare il suo ultimo lavoro La terza madre. Se soffrissi di manie di persucuzione potrei pensare "quest'uomo mi sta seguendo" (e se lo incontri di notte un po' inquietante lo è!), invero è solo una coincidenza che mi ha portato a viaggiare da Roma a Torino nello stesso periodo in cui Dario Argento spostava il suo set. Girovagando per le strade della mia città mi ero già imbattuta con il maestro del male, sul ponte degli Angeli, proprio vicino a quei luoghi dove Mastro Titta "il boja" praticò ben 516 "servizi" tra suppliziati e uccisi (certo come sceglie bene i posti!). Ora Lui si aggira al Molinette, nei corridoi e nelle stanze di Ematologia per rendere ancor più piacevole la degenza dei ricoverati al nosocomio!
Non dovrebbe comunque stupire che "l'assassino di Argento sia tornato sul luogo del delitto" visto il suo rapporto con la città dai tempi del Gatto a nove code;  la leggenda recita che Torino faccia parte dei due triangoli, quello della magia bianca (con Lione e Praga) e quello della magia nera (con Londra e San Francisco), quale atmosfera può risultare migliore? E che sia tornato ad essere quello di una volta, lo si deduce dall'agghiacciante e splatter Pelts, episodio dei Master of Horror in programma al 24mo Torino Film Festival…..difficile dormire dopo averlo visto! Confesso che la mia testimonianza non è attendibile al cento per cento. Ho impiegato ben quindici anni della mia vita per trovare il coraggio di guardare gli horror made Argento (trasformatosi poi in un trauma adolescenziale essendo divenuta lo zimbello di chi aveva più fegato e mi chiamava "fifona"!), ma superato il primo dopo non ho più smesso (beh alcune scene le "contemplo" ancora con un solo occhio a mezz'asta). La mia rivalsa totale è arrivata però l'anno scorso, in una fredda notte torinese, quando, dopo aver assistito alla proiezione di Jenifer (primo episodio argentiano dei Masters of Horror),  colta da una certa nostalgia dal sapore vagamente pulp, ho convinto una mia amica a portarmi davanti Villa Scott. Immaginate la stessa nebbiolina fitta fitta, una macchina con difficoltà a partire (una Cinquecento, per fortuna quasi nuova, non come quella di Daria Nicolodi in Profondo Rosso) e un animo eccitato contro ogni razionale motivo. Scendiamo nel silenzio totale e tiro fuori la macchinetta fotografica (lo so, lo so fa molto giapponese! Ma per me anche questo in fondo è un monumento!); mentirei se dicessi che mi sentivo perfettamente a mio agio mentre immortalavo quelle finestre baroccheggianti. La luce della luna si rifletteva in modo da creare strane ombre, e il rumore delle foglie al vento produceva un suono simile a lamenti….scusate….volevo solo mettervi un po' di paura!