Pensato per commemorare il ventennale della Strage di Capaci, in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della sua scorta, Convitto Falcone di Pasquale Scimeca s'inserisce all'interno di un progetto più ampio di educazione alla legalità. “La mafia non si combatte solo con la repressione, è necessario contrastarla anche culturalmente spingendo le nuove generazioni a creare una società diversa”, ricorda infatti Maria Falcone (promotrice ed anima dell'iniziativa) presente in sala per la proiezione. Al suo fianco Piero Grasso, procuratore generale antimafia, e lo stesso Scimeca, grande narratore della sua terra (Placido Rizzotto, I Malavoglia) che torna dietro la macchina da presa per realizzare questo cortometraggio tratto dal racconto La mia partita di Giuseppe Cadili.
Un'opera piccola, 30 minuti, capace di veicolare un grande messaggio attraverso la lezione di vita inflitta al giovane protagonista Antonio Conti. Vincitore di una borsa di studio Antonio dal paesino della campagna sicula in cui abita si trasferisce a Palermo al Convitto Falcone per coltivare la sua precoce intelligenza. Qui per imporsi ai suoi compagni decide di truccare la finale del torneo di calcetto della scuola. Scoperto dal suo professore e mentore (Marcello Mazzarella) gli viene dato il compito di approfondire la figura di Giovanni Falcone. Con lui riviviamo i giorni dell'attentato, sullo schermo riecheggiano le parole del magistrato e una frase ci colpisce “Voi l'avete ucciso, le sue idee cammineranno nelle nostre gambe”. E le sue idee cammineranno anche dentro di noi e dentro ai cuori di tutti i giovani che un giorno, proprio come diceva Falcone, saranno uomini. Uomini onesti.