Jiri Menzel fuoriclasse dell'ultima ora. Il regista ceco già vincitore a Berlino nel 1990 con Larks on a String, stravolge in extremis i pronostici del 57° festival con una commedia leggera e toccante, che ammicca a Chaplin e Buster Keaton. Lunghi e calorosi applausi dalla platea dei giornalisti accolgono all'anteprima stampa il suo I Served the King of England e, a meno di un giorno dalla conclusione del festival, lo candidano a uno dei principali premi. Protagonista della storia, tutta giocata su registro agrodolce, è la parabola quasi muta di un uomo, dall'umile lavoro di cameriere all'opulenza e il carcere, attraverso una tagliente satira sul nazismo e la storia della Cecoslovacchia. "Non era mia intenzione puntare il dito contro un nemico in particolare - dice il regista -. Parlo anche del Comunismo e soprattutto per mostrare quanto drammaticamente i regimi totalitari possano abbattersi sulla vita di un uomo".
Mattatore incontrastato del film è il protagonista Jan, che i flashback portano avanti e indietro nel tempo, affidandogli il doppio volto di Ivan Barnev e Oldrich Kaiser. E' soprattutto il primo, che incarna le fasi della giovinezza, a strappare applausi con la mimica, muta e toccante, con cui incarna la sua ossessione di emanciparsi e diventare milionario. Sorprendente, a parte la somiglianza, è anche la continuità che garantisce al personaggio l'interpretazione dell'attore, chiamato a raccoglierne il testimone negli anni della maturità: "E' stato incredibile perché non abbiamo fatto alcuna preparazione insieme - racconta Barnev -. La somiglianza fisica ha certamente aiutato, ma la marcia in più è stata l'immediata intesa che si è instaurata fra noi sul set".
Alle spalle del film è il racconto forse più celebre dell'autore ceco Bohumil Hrabal. Seppur di poche parole, Menzel non manca di esprimere la sua riconoscenza al romanziere e al testo che ha dato il titolo al suo film: "L'originale è una storia epica, ambientata nel XX secolo e incentrata sui profondi cambiamenti che il protagonista si trova a vivere attraverso diverse epoche. Per quanto lo consideri uno dei più grandi esponenti della nostra letteratura, non sono certo io a dover indicare quale sia la grandezza del libro. Ad affascinarmi è però stata soprattutto la prospettiva offerta dal testo". Dello stesso parere, anche la tedesca Julia Dentsch, nota al pubblico italiano per la parte della militante Sophie Scholl, per la Rosa Bianca. Agli antipodi rispetto ad allora, l'attrice interpreta questa volta il ruolo della moglie nazista a cui Jan deve la sua ricchezza: "Abbiamo discusso molto del ruolo - dice -. Calarmi nei suoi panni non è stato facile, ma posso dire alla fine che si è trattato di un'esperienza preziosa, soprattutto per gli interrogativi morali con cui mi ha costretta a confrontarmi".