Che sarebbe stata una serata speciale lo si è capito dalle immagini della raffinata sigla iniziale: una carrellata sui miti di ieri e di oggi, da Marlon Brando a Sophia Loren, realizzata in computer grafica. Una celebrazione dello star system e insieme dello show business che la diceva lunga su come in America l'industria cinematografica riesca da sempre a fare spettacolo senza dimenticare il guadagno. Ma per capire che a renderla davvero indimenticabile sarebbe stata la chiave del politicamente scorretto, è bastato ancora meno. Infatti quando lo schermo gigante ha rimandato le immagini di una vallata che tanto ricordava quella di Brokeback Mountain, con relativa tenda dalla quale è sbucato un ironico Billy Crystal in compagnia dell'attore afroamericano Chris Rock che rifiutava l'invito a condurre la premiazione con un cortese "no grazie, sono impegnato", non è stato difficile intuire quale terreno scivoloso avrebbe calpestato l'intrattenitore televisivo liberal Jon Stewart. E il bello doveva ancora venire, perché dopo una serie di comici dinieghi da parte di superstar del calibro di Steve Martin e Mel Gibson, il filmato mostrava lo stesso Stewart a letto che in piena notte riceve la telefonata dell'Academy: "E' un sogno?" si chiede. Sì è un sogno, glielo conferma una supersexy Halle Berry sdraiata accanto a lui. Pochi secondi e il nostro torna a chiedersi se per caso non sia invece vero: sì, è vero, gli dice un non meno sexy George Clooney pericolosamente sotto le lenzuola. Ed è allora che Stewart si lascia andare a una irrefrenabile gioia: per l'impegno lavorativo o per l'opportunità di passare una notte con il più desiderato degli uomini? Meglio non indagare, è il messaggio che arriva da Hollywood. E non sono mancati applausi e risate nemmeno di fronte al secondo contributo filmato, un montaggio quanto mai ammiccante di sequenze tratte da western classici che alludeva a cosa realmente accadeva lassù, tra mandrie e cowboy. Per una sera, dunque, tutto è stato permesso: burlarsi del potere degli ebrei approfittando della nomination a Spielberg ("che bello avere finalmente un film ebreo nella cinquina. A quando il terzo, Steven? Sento la mancanza di una bella trilogia!"), farsi beffa dell'impegno politico della maggior parte dei cineasti americani ("Siete contenti? Avete votato ed eletto il vincitore, non vi capita da così tanti anni..."), ironizzare sui generi sessuali ("Buonasera signore, signori, Felicity...", rivolto a una sbalordita e non meno divertita Huffman). Insomma, ancora una volta dall'America ci arriva una lezione di libertà: di essere scorretti, ridere di se stessi, farsi burla del potere, nella consapevolezza che solo mettendosi in discussione si resta sul trono. A patto, però, che non si dimentichi la realtà, e l'Academy lo ha fatto, premiando mai come quest'anno film che raccontano drammi e tragedie intorno a noi. Così, senza che ci sia alcuna contraddizione, dopo essersi fatto riprendere a letto con Stewart, Clooney nel ritirare l'Oscar può ricordare a una platea sterminata che il nostro futuro è a rischio. That's entertainment. Questa è la forza del cinema americano.