Pavel Smejkal è direttore del Bratislava International Film Festival. Giovanissimo, tenace. “Il nostro è nato diciassette anni fa come un festival del cinema giovane - racconta - e abbiamo mantenuto l'attenzione nei confronti di ciò che i giovani producono e vogliono vedere, cercando di inserire in competizione soprattutto opere prime o seconde. Bratislava è una città piccola, la Slovacchia è un Paese piccolo, il nostro pubblico ama soprattutto scoprire le novità del mondo. Penso anche che un festival debba essere un luogo di incontro e discussione: per le proporzioni e l'ubicazione, Bratislava è ideale per questo. E cerchiamo di mantenere viva la memoria: il cinema Mladost, uno dei luoghi del Festival, ha centodue anni, è la prima e più antica sala della Slovacchia. Una sezione è dedicata ai documentari, i nove film in concorso tentano di esplorare ogni anno diverse cinematografie. Teniamo, inoltre, a dare visibilità ai film prodotti e girati in Slovacchia. Anche se la situazione è difficile. Negli anni '90, dopo la caduta del comunismo, l'industria cinematografica era del tutto collassata. La privatizzazione forzata non ha certo aiutato. Abbiamo avuto anni in cui non è stato prodotto un solo film slovacco. Poi, lentamente, è rinata la passione per l'audiovisivo che è riuscito in modo intelligente a collegarsi al mondo del cinema. Attualmente la Slovacchia produce tra i dieci e i venti film all'anno. La caratteristica principale del cinema slovacco è la sua attenzione alle sfide sociali che dobbiamo fronteggiare, quindi sono soprattutto drammi sociali, influenzati dallo stile e dal metodo di ripresa del documentario, da cui provengono quasi tutti i registi slovacchi. C'è urgenza anche da noi di riflettere sui tempi in cui viviamo, perché anche la Slovacchia lotta contro la disoccupazione, la povertà e la corruzione. E non abbiamo avuto successo nell'integrare le minoranze nel Paese”.

Nel Festival di Bratislava è presente per queste ragioni una sezione, "Made in Slovakia", che presenta le più recenti realizzazioni del cinema nazionale e permette agli ospiti stranieri di rendersi conto dell'industria locale. Inoltre, ogni anno si rende omaggio ad uno dei grandi protagonisti del cinema slovacco. Quest'anno è stata scelta Emilía Vášáryová, splendida protagonista nei panni di una madre nel recente Eva Nová di Marko Škop, film che ha vinto a Toronto il premio FIPRESCI per la migliore scoperta del Festival. “Emilía indubbiamente è la nostra più grande star, un'attrice amatissima. Abbiamo proposto quasi tutti i suoi film, a partire dagli anni '70. Il suo ruolo in Eva Nová devo dire che è piuttosto inedito per lei: quello di una madre in età avanzata, con il problema dell'alcol e una famiglia distrutta alle spalle, che hanno lasciato cicatrici sul suo volto e nella sua vita. E' stata coraggiosa a decidere di interpretarlo”.

Si sceglie anche un tema particolare per il Festival. Questa volta è la famiglia. “Cerchiamo sempre - prosegue il Direttore - di privilegiare un tema legato alla società e che sia rilevante per il pubblico. Quello della famiglia è stato particolarmente dibattuto quest'anno in Slovacchia dopo che era stato indetto un referendum per proteggere i valori tradizionali. Il dibattito non è stato molto fortunato, i toni sono stati molto aggressivi e il referendum accolto male. Si è cercato di eludere le ragioni di famiglie particolari come quelle composte da genitori divorziati. Abbiamo cercato di inserire in programma film che diano una visione globale e differenziata della famiglia. Due film iraniani sono stati molto apprezzati e hanno ottenuto ben tre dei nostri premi su quattro: migliore regia a Ida Panahandeh per Nahid, insieme al miglior protagonista maschile del film, Navid Mohammad Zadeh; mentre alle due strepitose attrici di Wednesday, May 9 di Vahid Jalilvand - già applaudito in Orizzonti al Festival di Venezia nel settembre scorso -, Niki Karimi e Sahar Ahmadpour, è andato ex aequo il premio per la migliore interpretazione femminile. Un mondo fragile del colombiano César Augusto Acevedo, nel quale la famiglia è assediata dallo sfruttamento, dal dolore e dalla perdita, ha vinto il Premio per il miglior film assegnato sia dalla Giuria ufficiale che da quella FIPRESCI. Molti dei nostri film guardavano anche agli adolescenti, ai rapporti coi genitori, ai luoghi ove sono costretti a vivere. Quello claustrofobico del franco-turco Mustang; quello borghese e rarefatto nel ceco Family Film di Olmo Omerzu, in cui i genitori abbandonano i due figli senza prevederne le conseguenze. Mentre è ambientato in grandiosi scenari naturali, che racchiudono solitudini e crescite difficili, Sparrows dell'islandese Rùnar Rùnarson, premiato a Chicago, San Paolo, Zagabria, Varsavia e con la Conchiglia d'Oro al Festival di San Sebastían”.