“Un erotismo non agito, ma immaginato, eppure altrettanto forte”. Parola di Anne Fontaine, che ha aperto la 32esima edizione del Torino Film Festival con Gemma Bovery, tratto dalla graphic novel omonima di Posy Simmonds, autrice già trasposta al cinema da Stephen Frears con Tamara Drewe.
Da quel film viene la protagonista, Gemma Arterton, che interpreta l'eponima Gemma Bovery, una inglese che col marito Charles si trasferisce in un paesino della Normandia: l'assonanza dei loro nomi e cognomi con i personaggi del Madame Bovary di Flaubert risvegliano la passione, e non solo quella letteraria, del fornaio Martin Joubert (Fabrice Luchini), parigino trapiantato in loco…
“Ho dato un'incarnazione umana ai personaggi di Posy, li ho adattati al cinema rimanendo fedele e contemporaneamente no. Ho subito sovrapposto a Joubert Luchini, anche se il disegno non gli rassomigliava per nulla, ma era l'attore francese più giusto. Per il personaggio di Gemma, ho visto molte attrici, ma alla Arterton è bastato dire “Buongiorno Anne”, togliersi sciarpa e cappello per avere la parte. Non si resiste al suo carisma”.
Se il classico di Flaubert incarna “un archetipo femminile universale, Gemma Bovery non è Emma Bovary, lo è solo nella fantasia del panettiere. Il film è completamente diverso dal libro, c'è solo un gioco di specchi: se non hai letto Flaubert, non ti senti perduto”. Sull'epilogo del film, la regista francese sottolinea: “Non penso che gli uomini uccidano le donne, c'è una fatalità assurda, l'ironia crudele della sorte. Del resto, tutto il film era importante facesse ridere sotto la crudeltà”.
Una commedia, dunque, che arriverà nelle nostre sale con Officine Ubu, mentre il prossimo lavoro della Fontaine cambierà genere: “Polonia, 1946, sette suore incinte in un convento, violentate dai russi: dubito sarà una commedia…”.