Destinare il 3% degli incassi sui film Usa alla produzione italiana. Questa la provocatoria proposta lanciata da Maurizio Nichetti nel corso della prima lezione di cinema organizzata per gli studenti della scuole dall'Infinty Festival di Alba. "Non venitemi a raccontare che se tassassiamo i loro film gli americani rinuncerebbero a venire in Italia" dice dal palco il regista e attore, applaudito tra il pubblico anche dal giurato Alessandro D'Alatri. "La verità è che noi italiani siamo dei provinciali succubi degli Usa e non sappiamo difendere il nostro cinema". Nichetti ha tenuto banco per oltre tre ore e non ha risparmiato proprio nessuno: sotto accusa produttori e distributori, ma anche la televisione, i comici di oggi, le sorelle Leccino, il Grande Fratello, Costanzo e la febbre da onnipresenza che contagia oggi il mondo dello spettacolo. "In Italia si ha paura di rischiare" continua e racconta delle difficoltà incontrate agli esordi: "Prima di Ratataplan (film con il quale ha debuttato nella regia, n.d.r.) mi hanno spesso sbattuto la porta in faccia, dicevano che quello che scrivevo non faceva ridere. Dopo che il film ha incassato 6 miliardi di vecchie lire in tutto il mondo, e parliamo del '79, erano pronti a produrmi qualsiasi cosa, anche se gli consegnavo un foglio completamente bianco". E ancora: "Tutti pensano che siano stati gli americani, con Chi ha incastrato Roger Rabbit?, a inventare il film con inserti animati. Io l'avevo già fatto nell'82 con un cortometaggio in cui anticipavo il tema di Volere volare. Ma tutti mi dicevano che era un prodotto destinato al fallimento, che non si poteva girare un film che parlasse di sesso, rivolto perciò a un pubblico adulto, e allo stesso tempo metterci dentro dei cartoni, una cosa da bambini. Soltanto dopo il successo di Roger Rabbit mi hanno dato fiducia e nel '91 mi hanno permettesso di fare Volere volare". In Italia "non c'è una mentalità industriale - continua Nichetti - da noi si fanno solo film impegnati e si pensa che il divertimento sia una cosa di serie b, mentre gli americani hanno capito che i prodotti per famiglie, le grandi favole come Shrek arrivano in tutto il mondo. I francesi sono diversi da noi, hanno autori come Besson che si mostrano spesso più americani degli americani, noi non sappiamo pensare con le nuove tecnologie e ci arrocchiamo in difesa delle vecchie professioni, anziché pensare di ricovertirle al 3D". Al digitale si ricorre solo per risparmiare, critica ancora il regista, "ma questo ci pone solo in una nicchia da terzo mondo e ci fa fare film in modo dilettantesco". A Nichetti il festival diretto da Luciano Barisone ha dedicato anche una retrospettiva. In cartellone, tra gli altri, Honolulu Baby, film del 2000, mai uscito che ha portato Nichetti ad allontanrsi, negli ultimi anni, dal cinema: "E' stata una grande delusione, ci ho lavorato tre anni e non è mai stato fatto arrivare nelle sale. Ci sono stato molto male, ma ora l'ho superata. Non so quando tornerò al cinema, per adesso preferisco fare altre cose".