“Le violenze subite da Gangor potrebbero accadere a chiunque: si deve lottare per la dignità femminile”. Così l'attrice Priyanka Bose, protagonista della prima coproduzione italo-indiana: Gangor di Italo Spinelli, in concorso alla quinta edizione del Festival di Roma.
Liberamente tratto dal racconto Dietro il corsetto (Choli ke Picche) della famosa scrittrice indiana Mahasweta Devi, il film segue il fotoreporter Upin (Adil Hussain) nel Bengala occidentale per indagare le violenze e lo sfruttamento delle donne tribali: tra le altre, fotografa la bella Gangor (Priyanka Bose), che sta allattando il figlio. Lo scatto, da cui Upil rimane profondamente turbato, viene pubblicato in prima pagina. E' scandalo, che squassa la vita di Gangor, violentata e messa sulla strada, ma anche quella di Upin, che pur nolente si troverà a essere parte dello sfruttamento femminile che voleva combattere.
Se il produttore Angelo Barbagallo, con un occhio alla cronaca nazionale, spera che Gangor “provochi uno scatto d'orgoglio nelle donne italiane per quanto sta accadendo”, viceversa, Spinelli pensa che “ i fondamentalisti indù potrebbero reagire in modo violento: la nudità lo rende controverso, ma in India c'è un pubblico per storie simili”. A oggi, comunque, non ha ancora trovato distribuzione né in India né in Italia.
Di “tabù della nudità” parla anche la Bose, ma – precisa – “non me ne devo preoccupare: il mio lavoro l'ho fatto al meglio”, mentre la Devi prima sottolinea: “Nelle società tribali c'è uguaglianza perfetta tra uomo e donna, anche il divorzio è permesso” e poi chiude all'attacco: “Se questo film viene bloccato dalla censura andremo a New Delhi”.