Nelle prime ore del 2009, mentre erano ancora in corso le celebrazioni di capodanno, un giovane uomo di colore veniva ucciso da un poliziotto di servizio in una stazione metropolitana di Oakland. Oscar Grant aveva 22 anni, una compagna e una figlia. Era stato fermato perché coinvolto in una rissa scoppiata in un vagone della metro. Lui e la fidanzata stavano tornando a casa, ma il destino per loro aveva scelto una fermata diversa.
Una brutta storia che il film d'esordio di Ryan Coogler, Fruitvale Station (dal nome della stazione teatro della tragedia), ricostruisce con fedeltà e autentica partecipazione. Riviviamo le ultime 24 ore di Oscar, tra gli screzi con la compagna e i giochi con la figlia; le sue speranze, la voglia di rimettersi in carreggiata, di lasciarsi alle spalle i problemi con il lavoro (che ha perso) e con la giustizia (aveva scontato una condanna per spaccio); il suo innato buon umore, il desiderio di festeggiare il compleanno dell'amata madre, e poi, insieme alla compagna e agli amici, il capodanno, l'ultimo.
Girato in 20 giorni, nei luoghi reali della vicenda, con una sola macchina da presa e un budget di 900 mila euro (grazie al sostegno del Sundance Labs e la Significant productions di Forest Whitaker), il film, che verrà distribuito in Italia dalla neonata Wider a partire dal 13 marzo, è ben diretto (miglior opera prima di Un Certain regard, Cannes 2013) e toccante, e s'inserisce a pieno nel filone "black" del recente cinema americano (Django, The Butler, 12 anni schiavo). Dalla sua ha un'interprete d'eccezione, l'astro nascnete Michael B. Jordan che, a detta di molti, è il nuovo Denzel Washinghton. Jordan, che si era già fatto notare per qualche comparsata in tv (The Wire e Parenthood) e nel supernatural thriller Chronicle, è venuto a Roma per promuovere quello che ritiene un progetto molto personale: "Questo è un film che mi tocca da vicino - dice -. Quando è accaduto il fatto, avevo la sua stessa età. Ricordo la frustrazione e la rabbia che ho provato. Avere la possibilità di esprimere quelle emozioni attraverso il cinema è stato un privilegio e un gesto di responsabilità nei confronti dei suoi familiari. Li ho incontrati, mi hanno raccontato tante cose di lui. Era davvero un brav'uomo e quanto gli è successo è terribile. Oscar potevo essere io."
Jordan saluta con orgoglio la new age del cinema black, a partire dall'Oscar a 12 anni schiavo ("un film magnifico: Steve McQueen ha fatto un lavoro straordinario"), adora Oprah Winfrey ("Oprah è cool, Oprah è un'amica, Oprah è Oprah"), e si prepara a collaborare nuovamente con Ryan Coogler, coetaneo e nero come lui, nello spinoff di Rocky, dove interpreterà il nipote di Apollo Creed: "Mi dovrò esercitare da pugile", ammette. Non prima però di aver impersonato la Torcia Umana nel reboot de I fantastici quattro. Una scelta che ha suscitato le critiche di alcuni fan del fumetto, contrari all'impiego di un afroamericano per un ruolo di norma assegnato a un bianco. A riguardo Michael B.Jordan non può far altro che scrollare le spalle: "Ci saranno sempre persone che avranno da ridire su quello che fai, che detesteranno i cambiamenti. Io vado avanti, nella speranza di lavorare sempre al meglio". Torcia o no, questo ragazzo ha il fuoco dentro.