Alla vigilia dei 50 anni Robert Downey Jr. si concede il lusso di alternare eroi dei fumetti (Iron Man) e della letteratura (Sherlock Holmes) a personaggi drammatici in pellicole intimiste come The Judge, in uscita in sala il 23 ottobre per Warner Bros in 300 copie dopo aver aperto il Toronto Film Festival. L'artista newyorkese la presenta alla stampa e al pubblico a Roma assieme a Robert Duvall, il padre del suo personaggio a cui il titolo del film fa riferimento, al regista David Dobkin (2 single a nozze) e a David Gambino, braccio destro nella sua neonata casa di produzione Team Downey.
Henry Palmer, il suo protagonista, è un avvocato specializzato nella difesa di colpevoli facoltosi: guida una Ferrari, vive in una villa mozzafiato a Chicago con una giovane e affascinante moglie e la loro figlia piccola. Ha tagliato i ponti con la famiglia, incluso il padre Joseph (Duvall), ma al funerale della madre il passato chiede una resa nei conti e nella maniera più imprevedibile: l'uomo, rispettato giudice da 42 anni nella cittadina di Carlinville in Indiana, viene accusato di omicidio. La miglior difesa resta, suo malgrado, il figlio.
Con questo magistrato integerrimo di una provincia conservatrice Robert Duvall, Premio Oscar per Tender Mercies – Un tenero ringraziamento, aggiunge un'altra interpretazione toccante alla lista di ruoli memorabili in pellicole di culto come Il Padrino e Apocalypse Now. “Quando scelgo un progetto – ammette – mi baso soprattutto sulla sceneggiatura, poi cerco di capire chi lo dirigerà. In generale provo sempre ad interpretare qualcosa di diverso rispetto a quanto già fatto in passato. The Jugde era un'idea che non potevo non abbracciare, perché scava in profondità nelle emozioni”. Per ricreare il senso di casa sul set sono bastate poche uscite: “E' nato un rapporto di fiducia tra di noi perché Robert è un professionista, siamo andati insieme a mangiare qualche volta e poi ci siamo basati su questo copione davvero brillante”.
Con il cinico re del foro, invece, Downey Jr mette da parte i toni brillanti di Tony Stark, prima di indossare la scintillante armatura di Iron Man nel tanto chiacchierato quarto capitolo della saga personale (ancora senza conferma ufficiale), in Avengers: Age of Ultron e, si vocifera, in Captain America 3. Anche l'eccentrico investigatore nato dalla penna di sir Arthur Conan Doyle potrebbe tornare prossimamente su grande schermo per la terza volta. “Mi sembra quasi liberatorio poter sviluppare personaggi e storie basati su momenti semplici”. Per quanto riguarda la Team Downey, invece, sono altri i progetti di cui si vorrebbe occupare con la moglie Susan: “Il massimo sarebbe girare una versione di Pinocchio con lo spirito americano ma girata in Italia. Il vostro cinema ha avuto moltissimo influenza sul resto del mondo”.
A proposito degli artisti nostrani più apprezzati all'estero Duvall ricorda Massimo Troisi, con cui ha girato Hotel Colonial: “Nonostante il film fosse terribile, Massimo aveva un grande entusiasmo ed è stato incredibile lavorare con lui”.
“I miei registi preferiti sono italiani – concorda David Dobkin – Fellini e Antonioni. Tra gli americani guardo a Coppola e Scorsese, entrambi italoamericani. Mi piace fare film che parlino di persone e difficilmente a Hollywood queste storie vengono interpretate da star, ecco perché sembra che The Judge appartenga ad un'altra epoca, capace di rievocare la qualità e i valori delle pellicole con cui siamo cresciuti. Si parla di famiglia, di lealtà e di giustizia, anche quella quotidiana, in cucina”.