Todd Solondz è bizzarro e acuto almeno quanto i suoi film. Al Teatro Studio dell'Auditorium di Roma, per il ciclo "Viaggio nel cinema americano" di Antonio Monda e Mario Sesti, è arrivato ieri sera con "quella sua faccia un po' così" e un look da nerd come quelli racconta: scarpe gialle, pantaloni grigi un filo troppo corti, camicia a righe e un improbabile pullover bordeaux. La voce esile e un po' stridula esce subito ironica, anche se ogni tanto sembra trattenere le battute più sferzanti. A Monda, che è stato suo professore alla New York University, ne dà una esilarante. "In quella scuola andai per disperazione, dopo tanti fallimenti e lavoretti saltuari. Mi proposi l'ultimo giorno utile e incredibilmente mi presero. C'è anche da dire che non era l'università di grido che è ora e francamente io la trovato terribile e sfruttatrice. Lì però feci i miei primi corti e cominciai a prendere fiducia. Ecco, le scuole di cinema possono servire a questo, non alla laurea in cui i miei speravano tanto... poverini, li feci disperare quando lasciai dopo il secondo anno!". Mario Sesti, emozionato all'inizio per aver portato un profeta del cinema indipendente dopo tante colonne del mainstream, gli chiede dell'inusuale ambientazione dei suoi film: il New Jersey. "Non è che sia così brutto, né così bello, me ne accorsi dopo il diploma, dopo aver fatto un viaggio in giro per gli USA e visto tanti posti più brutti del mio stato. Ora apprezzo molto di più questo tipo di provincia, questi sobborghi residenziali, il vero cuore del nostro paese. Invece di criticarli, dovremmo comprenderne la seduzione, l'appeal". Inevitabile chiedergli il perché di un'attrazione del suo cinema per le vicende dei bambini e degli adolescenti, sotto un'ottica inusuale e difficile. "Mi interessano perché ci dicono qualcosa di noi adulti, è un'età emblematica di un certo tipo di tenerezza e vulnerabilità". Fuori dal contesto normale di questi incontri, questa volta non sono i due critici a scegliere le prime sequenze dai suoi film, ma è lui ad accoppiarli con grandi scene del passato. E così scopriamo che i suoi Fuga dalla scuola media e Happiness devono qualcosa a Intrigo internazionale e L'ombra del dubbio di Hitchcock (li cita con genialità) e che una commovente sequenza di Storytelling è ispirata a Bellissima di Visconti (per soddisfare curiosità in merito, si può sempre recuperare l'incontro su Studio Universal). E' polemico quando parla dei registi che lui definisce "dogmatici". "Davvero certi film possono impedire allo spettatore, per esempio, di votare Berlusconi o Bush? Dubito che convincano anche una sola persona. Mi viene in mente Fahrenheit 9/11, nonostante il successo non mi sembra che Michael Moore abbia inciso su chi non era d'accordo con lui. Noi registi non cambiamo la vita altrui, ma, anche con film scarsi, possiamo modificare le cose in maniera più obliqua, facendoci guardare la vita in un'ottica diversa. Una scelta che gli è valsa la venerazione della critica, l'ostracismo della distribuzione e scarsissimi guadagni. "La scrittura è un momento solitario e particolare, in cui aspetti di essere invaso dalle idee. Non pensavo di rompere tabù quando con il film, volevo solo una storia, un senso, un significato. Certo, quell'opera non sarebbe mai nata senza il successo di Fuga dalla scuola media. Forse nasce dal fatto che mi trovo molto più a mio agio con i fallimenti! Ricordo che molte agenzie di attori diffidavano i loro associati persino a leggere la mia sceneggiatura, sapendone il tema. E pensare che di certe cose la tv parla quotidianamente, io mi ci avvicino solo diversamente. Faccio mia una massima dettami da uno studente: tu vuoi essere l'unico a poter fare il tuo film, ma non vuoi esser l'unico a resistere in sala!". Mario Sesti gli dice che un critico lo ha definito un Woody Allen con il volume dell'angoscia alzato al massimo. "Quindi se lo abbasso- risponde secco- guadagnerò un mucchio di soldi?". Per gli attori mostra tutto il suo rispetto e amore. "Sono loro a riempire lo schermo, se li capisci e li rispetti, loro ti daranno oro. Mai dovuto convincerli, anche perché per farlo servono soldi che non ho. Hanno sempre creduto (e sono tanti, e ora famosi) nei miei progetti. Solo uno mi ha lasciato un brutto ricordo". Chi? "E' una storia stupenda, ma abbiamo finito il nostro tempo, che peccato!". Grande Todd, profeta dell'impensabile col sorriso beffardo sulle labbra.