"Amo (Las) Vegas, perché è un inferno". Parola del regista iraniano trapiantato negli States Amir Naderi, che porta in concorso alla Mostra l'indipendente, low budget e digitale Vegas: Based on a True Story. Accompagnato dagli interpreti Zach Thomas, Mark Greenfield e Nancy La Scala, Naderi illustra il processo di creazione di Vegas: "Cercavo di fare questo film da tanto tempo, ma nessuno mi dava i soldi, dato il mio scarso successo commerciale. Sono stato a Las Vegas per due anni, e mi sono reso conto come non sia solo luci, colori e neon: c'è anche la gente".  
"Ho vissuto per sei mesi in un motel - prosegue il filmaker - tirando a campare con i soldi che vincevo al gioco d'azzardo. Ho conosciuto così altri giocatori, e proprio loro mi hanno finanziato il film: se vincevamo al tavolo di notte, la mattina dopo si girava. Se perdevamo, dicevo "Oggi non giriamo, il tempo non è buono..." Spero di poter ridare indietro i soldi ai miei amici giocatori, che hanno voluto scommettere su di me". 
Basato su una vera storia, come recita il titolo, Vegas inquadra il gambler Eddie Parker e sua moglie Tracy, che con il figlio 12enne vivono in un prefabbricato nei sobborghi  della capitale americana del divertimento: un giorno però si presenta uno sconosciuto, particolarmente interessato alla loro casa, che sostiene avere qualcosa di molto speciale... "Per questa storia, una delle tante che ho incontrato a Vegas - dice Naderi - ho dovuto abbandonare il mio metodo sperimentale in favore di una struttura narrativa. Ho incontrato circa 200 persone a Las Vegas, e ho scelto Zach, Mark, che è divenuto parte della mia famiglia, e Nancy, che avevo già apprezzato a teatro".
Del set diviso con Naderi, Nancy La Scala dice: "Lui parla con gli occhi e, come già mi dicevano, è il migliore. Per tre mesi ho arredato e pulito la casetta del film, sentendo il fallimento, l'amore e passione del mio personaggio. Non è stata facile, ma alla fine un'esperienza medicamentosa". "Bella e terribile - ribatte Greenfield - ma non la cmabierei con null'altro al mondo", mentre il regista confessa: "Alla fine della lavorazione mi volevano picchiare. Li mettevo l'uno contro l'altro, sono arrivato perfino a dire: "O rigiri la scena o mi uccidi ora con un coltello...". Ho cercato di mettere me stesso e i miei attori nell'inferno, delegando come sempre ai giovani, ovvero al personaggio di Zac, la residua speranza. D'altronde, fa parte della mia natura: amo il rischio, la sfida, mettermi in situazioni terribili". "La storia di Vegas - conclude il regista - è una storia americana, di quell'America che non viene descritta dai mass media, e nemmeno dalle menzogne di Hollywood".