“Noi tutti siamo due elementi: capaci e incapaci, da qui il titolo”. Così Eleonora Danco, autrice, regista, performer teatrale che esordisce al cinema con N-capace, in Concorso al 32° Festival di Torino. Protagonista la stessa Danco nei panni di Anima in pena, che viaggia tra Terracina e Roma, tra giovani e vecchi, cercando di risolvere il conflitto con l'anziano padre e di avere il permesso dalla madre per fare il bagno al mare… “Ho girato 35 ore materiale, ho riscritto il film 40 volte: a luglio era finito, l'ho rismontato ad agosto. Per me il cinema è molto fisico, devi dare un movimento che rimane, è un'assunzione di responsabilità enorme rispetto a quel che stai facendo”, dice la Danco, che confessa: “Come spettatore mi annoio molto, un film mi deve sempre colpire come se fossi un bambino, non deve passare da un concetto”.
Dagli anziani di Terracina agli adolescenti diTor Bella Monaca, “la capacità del film è quella di seguirmi fino in fondo, non farmi corrompere: provo orrore a parlare di attualità, perché ti frega sempre, si sbriciola in un attimo, l'intensità del contemporaneo è diverso dall'attualità, è uno sbilanciamento umano”.
La generazione dei 30-40-50enni nel film non c'è: “La nostra generazione non c'è, perché volevo trattare il vuoto: noi non ne facciamo parte, viviamo, siamo inseriti nella società produttiva, qui viceversa inquadro, giovani e vecchi, due poli in sospensione. Adolescenza e vecchiaia sono outsider, non hanno nulla da perdere, sono beckettiani, vivono l'attesa”. Nel finale di N-capace arrivano anche i licantropi a Terracina, e non è una scelta casuale: “Smobilitano il film, i fuochi d'artificio sulla spiaggia, rompono il finale”.