Denzel Washington e Russell Crowe. Uno gangsta, l'altro sbirro. A metterli l'uno contro l'altro, il regista Ridley Scott. E' American Gangster, nelle sale italiane dal 18 gennaio. Mentre impazza lo sciopero degli autori, sceneggiatori in testa, Hollywood paga dazio a questo triangolo "stupefacente", candidato di diritto ai prossimi Academy Awards. Il box office va subito sotto effetto: al primo weekend di programmazione, lo spacciatore Frank Lucas incassa la cifra stratosferica di oltre 43 milioni di dollari, tenendo dietro l'animazione-kolossal Bee Movie.
Russell, pari e patta...
"Nel film - dice Crowe - interpreto un poliziotto e Denzel il drug dealer Frank Lucas, a parti invertite rispetto alla nostra precedente collaborazione in Virtuality nel 1995: cercherò invano di convincere i miei superiori dello stratagemma escogitato da Lewis per importare eroina dall'Estremo Oriente: le bare dei soldati Usa caduti in Vietnam". Alla terza collaborazione con Scott - Il gladiatore, Un'ottima annata, i precedenti - e in attesa della quarta - Body of Lies, dramma sulla CIA al fianco di Leonardo Di Caprio -, l'attore Crowe pensa a battezzarsi, ma il suo poliziotto - confessa lui stesso - "pur non rubando come i colleghi, non riesce a tenere la patta chiusa: la moralità è fatta di molte cose".
Pastorale americana
E la moralità è il centro di American Gangster: una moralità altra, pistola in mano, e l'eroina blue magic in vena. La prima la impugnano sia il Frank Lucas di Washington che il Richie Roberts di Crowe, dalla seconda si astengono entrambi, ma su opposti versanti - spaccio e repressione - combattono per controllarla. Crowe consegna in centrale un milione di dollari di banconote non segnate, divenendo inviso ai colleghi corrotti e lo zimbello di tutti gli altri; contemporaneamente, non è un buon marito, né un buon padre: integerrimo sul lavoro, cala le braghe a uso e consumo della chiunque. Speculare è Washington, tutto famiglia, casa e "lavoro": apprendista dal boss di Harlem Bumpy Johnson, alla sua morte ne prende il posto, senza l'appariscenza dei pusher negri alla Leroy "Nicky" Barnes (Cuba Gooding Jr.) ma con l'understatement di chi punta in alto: al cielo, dove volano i cargo della US Air Force di ritorno dal Vietnam con il loro carico di morte. Morte doppia: soldati uccisi dai vietcong ed eroina purissima, pronta da tagliare e mettere in strada.
Denzel fa la cosa giusta
Roba da negri? Può un negro arrivare a tanto? Dalla polizia alla mafia italiana, non ci crede nessuno. A torto. Perché Frank Lucas è un negro che fa' la cosa giusta: il bianco. Brutale quando serve, spietato quanto basta, razionale (quasi) sempre: non bluffa, non le spara grosse (a parole), tiene in pugno fratelli e cugini, rispetta la madre, non cerca le donne d'altri, sceglie per moglie una bellezza non convenzionale, si accorda con la mafia, fa una montagna di soldi, ma per sé sceglie l'ombra. Con una sola eccezione: il match di boxe Frazier vs. Alì, che segue a bordo ring, in un posto troppo ambito e con un pellicciotto di cincillà troppo vistoso per rimanere nell'anonimato.
Pagare cara la pelle...
Il pregiato cappotto finirà nel caminetto, ma troppo tardi: il poliziotto cattivo Josh Brolin e quello buono Russell Crowe gli hanno messo gli occhi addosso, e non glieli leveranno più. La sua foto troneggia sul Who's Who della droga assemblato da Crowe e dai suoi accoliti: delazione dopo azione, Lucas finirà spalle al muro. A inchiodarlo Richie, sempre lui a dargli una seconda possibilità: Lucas parla, azzera la sezione narcotici, marcia fino al midollo, del NYPD, sconquassa l'organigramma dello spaccio, e anziché 70 si becca 15 anni.
Bianco o nero?
Dopo 158 minuti di film, un cartello consuma l'epilogo della storia - vera - di Lucas, back in the Seventies, l'America prostrata dalla guerra in Vietnam, anche sul fronte interno: i reduci ridotti a zombie dall'eroina e la polizia con due occhi chiusi sul narcotraffico di Cosa Nostra. Il Padrino, Serpico, Scarface, Quei bravi ragazzi, tutto quello che volete, ma American Gangster ci dice un'altra cosa: la morale non è mai bianco o nero. Vero, Frank?