“La storia di un uomo che torna in possesso della sua identità, per questo dopo il cognome c'è un punto, e basta”. Parola del regista Edoardo De Angelis, che porta Perez., fuori concorso, alla Mostra di Venezia: protagonisti Luca Zingaretti, nei panni dell'avvocato d'ufficio Demetrio Perez, e Marco D'Amore in quelli di Corvino, l'ambiguo fidanzato della figlia Tea (l'esordiente Simona Tabasco), è un film di genere, un noir metropolitano tra camorra, boss e uomini senza più speranze, sullo sfondo del Centro Direzionale di Napoli.
Perez arriverà nelle nostre sale il 2 ottobre con Medusa e avrà un remake americano, il regista De Angelis, all'opera seconda dopo Mozzarella Stories, parla di “un rapporto realistico con la dimensione del crimine: sono cresciuto lì, la criminalità incide sul quotidiano, e poi c'è una zona grigia abitata da criminali e uomini per bene. Conosco le loro leggi, conosco come si commette un crimine, e cercavo un luogo emblematico per ambientare il film: il Centro Direzionale, avveniristico, progettato da grandi architetti, ma rivelatosi una promessa mancata di progresso e ricchezza, perché semivuoto, tetro, freddo, così come la vita di Perez”. Un personaggio, dice il regista, che “non dorme mai, perché non ha il tempo di coricarsi, quando a rischio è quel che ha di più caro”. Come il resto del cast sul red carpet con orologio e gioielli Tiffany, Zingaretti parla per il suo Perez di “rinascita, palingenesi, uscita dal tunnel: s'è lasciato andare alla deriva, ma mantiene uno sguardo lucidissimo su quel che gli accade intorno e mi piace pensare che alla fine non voglia più compromessi. Quando Corvino gli insidia l'unica cosa a cui tiene, la figlia, Perez abbandona i codici sociali per fare appello alla legge di natura: mors tua, vita mea. Mi ha preso l'anima”.
Per Marco D'Amore, reduce dalla fortunata Gomorra – La serie, Perez. con il suo Corvino “prova a descrivere una figura criminale senza le mani sporche dal principio, borderline. Tra pistole e amore, il mio personaggio segue i sentimenti, e si rivela ahimè una strada nefasta”.
Sul precedente rappresentato proprio da Gomorra, De Angelis spiega come questa serie ci abbia aiutato a “trovare il terreno pronto per un racconto non edulcorato, un linguaggio più spericolato”, mentre sul rapporto tra cinema e televisione il Montalbano Zingaretti sottolinea: “In America la barriera tra cine e tv è caduta 10 anni fa, noi siamo sempre in ritardo… La tv non è sempre un sottoprodotto del cinema, sono due generi che finalmente dialogano costruttivamente”.