"Gli italiani sono da sempre un popolo di perdenti e di infami. Come dimostra la cronaca recente, a vincere sono sono soltanto i politici cialtroni, i furbi di calciopoli e gli ex re, che per fortuna hanno perso la guerra, perché altrimenti ce li saremmo anche ritrovati al governo". E' un fiume in piena Mario Monicelli: 90 anni passati e da poco reduce da un mese di riprese nel deserto tunisino è però l'ultimo a stupirsi della sua energia: "Perché vi ostinate a chiedermi sempre come faccio? - si meraviglia alle Giornate Professionali del Cinema di Sorrento -. Mica ero solo sul set. Eravamo un centinaio a faticare". Il film di cui parla ai Pronti quasi pronti, il tradizionale appuntamento con i titoli prossimi all'uscita, moderato dal giornalista Maurizio di Rienzo, è Le rose del deserto: corale storia di una sezione sanitaria dell'esercito italiano, inviata allo sbaraglio durante la guerra con la Libia, con Giorgio Pasotti, Alessandro Haber e Michele Placido. "Non è un film che vuole far riflettere - dice -, ma soltanto ridere e, spero, anche un pochino commuovere".

L'ambientazione nell'estate del 1940 non priva la vicenda,  della sua attualità: "La storia di un gruppo di italiani sfruttati e abbandonati allo sbaraglio è la stessa di oggi e del primo conflitto mondiale. Sono uomini e ragazzi, che con la guerra non hanno niente a che fare. Persone mal equipaggiate e mal guidate, inviate a combattere una battaglia già persa in partenza". Ad accompagnare a Sorrento il film, ispirato al libro di memorie dal fronte di Mario Tobino Il deserto della Libia, anche Alessandro Haber e Giorgio Pasotti. "E' stato un film molto sofferto e difficile - dice il giovane attore, che ai Pronti, quasi pronti ha  presentato anche Quale amore di Maurizio Sciarra -. Temperature tra i quaranta e i cinquanta gradi, tempeste di sabbia, infezioni intestinali: non è affatto stata una passeggiata, eppure sul set si respirava un'atmosfera di straordinaria condivisione. Girare con Monicelli, Haber e Placido è stato un po' come frequentare una Oxford del cinema".

A lui, la storia riserva il ruolo di Marcello Salvi: "Un tenente medico che abbraccia la guerra non per fede al fascismo, ma per spirito di avventura - spiega -. E' un appassionato di fotografia, che con la sua Laika immortala luoghi e situazioni, alla scoperta di nuove culture". Con lui anche Alessandro Haber, alla quinta esperienza sul set insieme a Mario Monicelli. Il suo maggiore Stucchi dice, è un "uomo solare e disincantato": "Un intellettuale che legge i classici e scrive lettere d'amore. Uno che, come tutti gli altri componenti di questa Armata Brancaleone, è finito in guerra quasi per caso". Frutto della fantasia di Monicelli è invece il frate interpretato da Michele Placido: "Un personaggio di cui nel libro di Tobino c'è appena traccia - spiega Monicelli -. Mi ha subito intrigato e andando avanti, speravo che ricomparisse. Purtroppo non è stato così e sono quindi stato costretto a inventarlo".

Fra gli altri protagonisti del giorno, segnato dal forfait a sorpresa di Gianni Amelio, anche i registi Maurizio Sciarra ed Eugenio Cappuccio e il trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Accompagnato anche da Vanessa Incontrada, il primo ha parlato del suo Quale amore, come di un connubio tra film d'autore e di genere: "Il noir è uno strumento per rendere la storia avvincente. Quello che mi interessa di più è raccontare l'animo umano". Un'impresa non facile, per cui Sciarra si è liberamente ispirato alla Sonata a Kreutzer di Tolstoj. Dell'originale, ambientato in gran parte in Ticino e incentrato sulla confessione di un uxoricida a uno sconosciuto, rimane una storia di passioni torbide e violente, in cui il paesaggio è importante quasi al pari dei protagonisti: "C'è stata una grande ricerca visiva - spiega - anche per fare in modo che le scenografie valorizzassero la psicologia estrema dei protagonisti". Accompagnato dalla protagonista femminile Anita Caprioli, Cappuccio ha poi parlato del suo Uno su due con Fabio Volo, candidadissimo per la festa di Roma: "Un film sul recupero del senso di gravità e la frenesia dei tempi moderni - riassume - per cui ho buttato Fabio da un dirupo di 1200 metri". La scena in questione, da poco girata sul monte Subasio è quella di un volo in aliante a cui si presta l'avvocato protagonista. Da segnalare, infine, Salvatore di Gian Paolo Cugno, con Galatea Ranzi, Enrico Lo Verso e Giancarlo Giannini: opera prima ed esordio produttivo della Buena Vista, di cui il regista parla come di un film per tutti, ispirato alla lezione di Truffaut: "Semplicità, originalità, emozione".