"La truffa ha lo stesso meccanismo della battuta comica. Entrambe ti portano inizialmente da una parte, e poi alla fine ti spiazzano". E' da questa affinità ritmica tra la comicità e il raggiro che Ale e Franz sono partiti per Mi fido di te, nuovo film del duo portato alla ribalta da Zelig. Prodotto da Sifulum e Rodeo Drive, è costato  poco più di tre milioni di euro e sarà distribuito da Medusa in 120 copie a partire da venerdì 9 febbraio. Per quest'ultimo lavoro i due artisti milanesi, famosi per la loro comicità paradossale e straniante, si sono affidati alla direzione esperta di Massimo Venier, già regista per il cinema di Aldo, Giovanni e Giacomo.
"Non sono il regista dei comici, o meglio non voglio essere etichettato in questo modo - dice Venier - mi piace lavorare con persone speciali, con le quali è possibile instaurare una relazione umana che vada al di là della semplice esperienza professionale. Con Ale e Franz è stato così". Il film segue le vicende di Alessandro, piccolo truffatore che vorrebbe dare un taglio a tutto per ricominciare con un lavoro pulito e una vita normale, e Francesco, manager appena"scaricato" da una multinazionale che, per paura di perdere quella stessa vita normale desiderata da Alessandro, non dice alla moglie del suo licenziamento fingendo ogni mattina di andare al lavoro. Ironia della sorte i due s'incontrano, iniziano a truffare insieme, scoprono sempre più cose l'uno dell'altro e pian piano diventano amici. Ma ci si può fidare se il tuo amico è un truffatore di professione? "Beh, nella vita reale non c'è neppure bisogno di avere a che fare con un truffatore, la fiducia scarseggia a prescindere - scherza Franz - ma io di Ale mi fido ciecamente, forse anche più che di mia madre". "L'amicizia è certamente uno dei tempi portanti del film - gli fa eco Venier - che ricorda un po' la commedia newyorkese degli anni '70 e certe pellicole di Mazursky sui legami maschili e la comicità mai sbattuta in faccia, anzi quasi in secondo piano". In effetti, pur non difettando di gag, Mi fido di te è una commedia che ha sullo sfondo uno dei più gravi disagi della società contemporanea, la disoccupazione: "Si tratta senza dubbio di una forma nuova di disoccupazione - continua il regista - non paragonabile a quella del passato. Questa, infatti, colpisce anche persone apparentemente intoccabili, gente con le qualifiche più alte e che magari ha svolto per anni un lavoro da dirigente, prima di ritrovarsi di punto in bianco in mezzo a una strada. Non si tratta più del sottoproletariato raccontato dal realismo. Per questo nuovo soggetto del malessere sociale, e per poterlo rappresentare, abbiamo bisogno di un registro nuovo, un'estetica diversa rispetto al passato". E' la comicità, dunque, la maniera migliore di toccare certe tematiche? "Non necessariamente - risponde Franz - anche se la comicità è una maniera apprezzabile di esorcizzare il dramma, come quando di fronte a una situazione di totale sconforto ci abbandoniamo a una paradossale, catartica risata. Penso a un film drammatico come I soliti ignoti dove la gag era la chiave d'accesso a gravi situazioni di povertà e disagio in cui versavano i protagonisti. Anche se il paragone è piuttosto azzardato, questo film abbraccia idealmente il capolavoro di Monicelli". E quando qualcuno gli chiede se si sono trovati a disagio a lavorare nel cinema che ha tutto un altro modus operandi rispetto al cabaret, Ale e Franz concordano nel dire che "la comicità ha, dalla sua, la capacità di parlare attraverso linguaggi differenti per esprimere la stessa identica cosa: la risata. Tutto ciò che vi ruota attorno non soltanto c'interessa ma fa parte integrante della nostra professione". Ma li vedremo presto tornare in televisione, magari nuovamente a Zelig? "Zelig ripartirà in autunno - risponde Ale - ma non so ancora se noi ci saremo. Stiamo preparando un programma tutto nostro che dovrebbe andare in onda in primavera sulle reti mediaset". Di più quei due non dicono. La parola passa alle due belle coprotagoniste, Maddalena Maggi e Lucia Ocone, che confermano il clima di cordialità e amicizia che ha caratterizzato le riprese, mentre Massimo Venier conclude ringraziando il direttore della fotografia Italo Petriccione per il brillante lavoro sull'immagine, perché "se questo film ha dei toni così particolari, capaci di afferrare l'umore delle situazioni e la policromia sentimentale di Milano, lo si deve senz'altro al lavoro di Italo".