Mauro Bolognini è ricordato soprattutto come raffinato realizzatore di eleganti adattamenti letterari, ma naturalmente il suo è un profilo più complesso e stratificato. E non solo perché gli esiti meno della sua carriera sono paradossalmente fuori dall’alveo delle trasposizioni: pensiamo al corale Giovani mariti, intimista e malinconica disamina sul mito dell’amicizia maschile, o a Libera, amore mio, memorabile ritratto di un’irriducibile anarchica tra fascismo e Resistenza con Claudia Cardinale, una delle sue attrici preferite (entrambi i film non disponibili a una fruizione legale sulle mille piattaforme in circolazione).

Quaranta i titoli per il grande schermo, più una mezza dozzina di lavori per la televisione e varie esperienze teatrali tra lirica e prosa: Bolognini è stato un regista eccentrico con grande sensibilità per la messinscena, uno stilista che non ha mai rinunciato a scandagliare la vita interiore dei personaggi che abitavano i suoi contenitori così ricercati da risultare ambienti sinistri, macchine perfino inquietanti.

Mauro Bolognini (Webphoto)

Pistoiese, è stato il narratore di una provincia sospesa tra sorridente accettazione dei suoi orizzonti e inesorabile consapevolezza dei limiti (Gli innamorati), il primo a dare forma cinematografica alla parola e ai temi di Pier Paolo Pasolini (Marisa la civetta, La notte brava, La giornata balorda) e tra i pochi a tradurre Alberto Moravia senza morbosità (Agostino), vicino alla commedia di costume (gli episodi di La mia signora, Le fate, Le streghe, la coproduzione Arabella) fino agli adattamenti dominati dal conflitto tra dialettica sociale e calligrafismo (da Bubù a La storia vera della signora dalle camelie), senza dimenticare estrosità sparse (il sessantottino Imputazione di omicidio per uno studente, il soft La venexiana, il politico Mosca addio).

Nato il 28 giugno del 1922 e morto il 14 maggio 2001, Mauro Bolognini avrebbe compiuto cento anni. Riscopriamo il suo cinema con 10 film imperdibili, disponibili sulle piattaforme digitali.


GLI INNAMORATI (1955) su CHILI

Quarto film di Bolognini dopo Ci troviamo in galleria (una specie di A Star is Born ai tempi della rivista), l’avventura cappa e spada I cavalieri della regina e il formativo La vena d’oro, è un’allegra commedia che occhieggia a Carlo Goldoni all’altezza del neorealismo rosa, in una Roma trasteverina piena di giovani vitali e con tanta fiducia nel futuro.

ARRANGIATEVI (1959) su INFINITY

Straordinaria commedia di costume al crocevia tra le ristrettezze del dopoguerra e l’euforia del boom economico, si concentra sul radicale cambiamento sociale legato alla chiusura dei bordelli raccontando le rocambolesche traversie di una famiglia incastrata dagli imbroglioni e dalle aspettative. Cast pazzesco: Peppino e Totò, Vittorio Caprioli e Franca Valeri…

IL BELL’ANTONIO (1960) su PRIME VIDEO e RAKUTEN TV

Vitaliano Brancati riletto da Pasolini e Gino Visentini (che spostano l’azione dal fascismo al presente), prodotto dall’esordiente Alfredo Bini e interpretato da Marcello Mastroianni nell’anno della Dolce vita: il film più celebre di Bolognini, nonché tra quelli che invecchia meglio, è un saggio su come si traduce un romanzo, dotato di dolente ambiguità dentro una confezione ineccepibile.

LA VIACCIA (1961) su RAIPLAY e PRIME VIDEO

Morandini lo considera il Casco d’oro italiano: forse il tempo non è stato molto generoso con questa superproduzione dai valori strepitosi (fotografia di Leonida Barboni, costumi di Piero Tosi, scene di Flavio Mogherini), ma è difficile non rimanere sedotti anzi sopraffatti dal senso della fine di una storia dannata e dalla bellezza di Claudia Cardinale e Jean-Paul Belmondo.

La viaccia (Webphoto)

SENILITÀ (1962) su INFINITY

Altra traduzione letteraria che osa slittare l’azione dall’originale fine Ottocento agli anni Venti tra avanguardie artistiche e giogo fascista, non piacque ai commentatori dell’epoca ma oggi ci appare irresistibile nel suo fascino malato. Magari Italo Svevo meritava altro, forse il miscasting è troppo evidente, però l’atmosfera crepuscolare da noir melodrammatico lo rende succulento.

LA CORRUZIONE (1963) su RARO VIDEO

Uno dei film più politici e disperati di Bolognini, è un piccolo apologo perturbante che mette in luce i lati oscuri del benessere economico, gli squilibri e le contraddizioni della classe dominante. Conflitti tra padri capitalisti e figli intellettuali, tentazioni sessuali e vocazioni spirituali, moralità contro moralismo: secco e tagliente, con un finale notevole, ebbe guai con la censura.

METELLO (1970) su PRIME VIDEO

La vetta del solido e fertile rapporto tra Bolognini e Vasco Pratolini è un supremo saggio di regia: l’apparente calligrafismo della minuziosa ricostruzione d’epoca come spazio intellettuale dove misurare le differenze e le somiglianze con il presente. Cartolina decadente che anticipa La classe operaia va in Paradiso, con Massimo Ranieri e una meravigliosa Ottavia Piccolo.

FATTI DI GENTE PERBENE (1974) su PRIME VIDEO e CHILI

Ricostruzione del processo Murri, fattaccio di primo Novecento che travolse l’élite bolognese tra vizi privati e pubbliche virtù: un dramma processuale che mette al centro l’interesse del regista per i versanti oscuri della aristocrazia borghese, le depravazioni nascoste sotto la faccia pulita. Anche qui cast di lusso: Giancarlo Giannini, Catherine Deneuve, Fernando Rey…

L’EREDITÀ FERRAMONTI (1976) su RAIPLAY e PRIME VIDEO

Quasi un’appendice al film precedente (ma in mezzo c’è l’altrettanto perverso Per le antiche scale) però d’origine letteraria. La cura formale esalta il trionfo di cinismo di arrampicatori sociali dediti a speculazioni finanziarie, corruzioni morali, tradimenti spericolati. Imperiale la gold digger Dominique Sanda ma da premio anche Gigi Proietti, Adriana Asti, il patriarca Anthony Quinn.

GRAN BOLLITO (1977) su INFINITY

Più che una bizzarria, una vera e propria follia: che coraggio a trasformare l’agghiacciante vicenda della “saponificatrice di Correggio” (tranciò, bollì e trasformò in sapone tre donne tra il 1939 e il 1940) in un teatro grottesco, apoteosi del grand guignol in formato provinciale. Con l’indemoniata Shelley Winters e Max von Sydow, Renato Pozzetto e Alberto Lionello en travesti.