"Taranto è la coscienza sporca dell'Italia, la polvere sotto il tappeto: ma qui l'Ilva non è stata sovresposta drammaticamente, perché a Taranto è come il sole: c'è e basta." Così Michele Riondino, coprotagonista di Marpiccolo diretto da Alessandro di Robilant (Il giudice ragazzino), presentato ad Alice nella città e dal 6 novembre in sala con Bolero.
Tratto dal romanzo Stupido di Andrea Cotti, "quasi casuale" dice il regista è stata la location di Taranto, dove se non muori per l'Ilva, comunque rischi di finire ammazzato dal mafiosetto (Riondino) di quartiere, nella fattispecie il Paolo VI: Tiziano, lo straordinario esordiente Giulio Beranek (calcio e circo in curriculum) che fosse in concorso meriterebbe il premio per il miglior attore del Festival, ha un padre per cattivo esempio, una madre eco-guerrigliera (Anna Ferruzzo), qualche traffico e un amore abbastanza disperato, ma proverà a fuggire, seguendo l'exemplum di un educatore del carcere (Giorgio Colangeli) e della sua professoressa (Valentina Carnelutti).
"Taranto è città unica, bellissima piena di anime diverse: ho voluto tenere l'Ilva sullo sfondo: non è mai totalmente protagonista, sarebbe stato troppo" dice di Robilant, sottolinenando come abbia tratto ispirazione da Città di Dio di Meirelles: "Anche qui, la rappresnetazione degli ultimi è di grande vitalità. Non volevo raccontare gente in difficoltà consapevole e immusonita, ma esaltarne la capacità di ridere, scherzare, litigare: nonostante tutto".
Da ultimo, due battute per Colangeli: "Un educatore e una maestra, non serve altro perché Tiziano ritrovi la strada giusta" e Carnelutti: "Oggi una buona insegnante è una buona volontaria. Deve essere appassionata, perché possa fare qualcosa per la cultura".