Marzo 2005- marzo 2007. Dovevano essere cinque mesi, sono diventati due anni. Lo scontro fra titani, geni anarcoidi e ribelli, spesso provoca reazioni impreviste e sconosciute: Emir Kusturica (due palme d'oro e molto altro) e Diego Armando Maradona (due scudetti col Napoli e molto altro) si sono incontrati, piaciuti, amati e dalla loro unione è nato un documentario strano, creativo, folle, adorabile. Sono diventati fratelli, hanno unito le loro famiglie (Dunia e Stribor Kusturica erano assistente alla regia e curatore delle splendide musiche, Djalma e Gianina, le figlie del Pibe, una splendida e costante presenza, Claudia Villafane, l'ex moglie, un muto e severo "guardiano") e scoperto che l'est europeo e il sud delle Americhe hanno tanto in comune, non solo l'essere stati colonizzati e martoriati dagli Usa. Cannes è impazzita per loro, Diego è stato il primo nella storia a palleggiare sulla Croisette, facendo impazzire tutti, da tutto il mondo occhi commossi e adoranti lo guardavano. Se un film su Maradona doveva esistere, poteva farlo solo questa strana coppia. Kusturica abbandonò da giovane una promettente carriera da calciatore e ora è regista e musicista nella "No Smoking Orchestra" (che apre, accompagna e chiude il film). El pibe de oro è da sempre un attore della vita, un intrattenitore (ha condotto anche un suo programma tv in Argentina, La noche del 10) è un cantante mancato, come dimostra la malinconica e dolcissima performance in un locale ripresa dal cineasta di Sarajevo. Entrambi politicamente scorretti e contro il sistema, quello che forse non ci si aspettava era che Emir, personalità fortissima, finisse per capitolare, adorante, ai piedi del suo idolo. Confessando che lo voleva per i suoi film più belli, e raccontando la nascita di un'amicizia annunciata e lasciandosi andare a affermazione come "ci servono leader come lui". E' un tributo, questo film, senza essere apologia. Si percorre la vita di Dieguito con l'onestà intellettuale che hanno entrambi e il campione è duro con i suoi nemici come lo è con se stesso. Il resto è splendido contorno: il montaggio di tanti gol, sopraffino, sottolineato dai Sex Pistols; l'animazione che sottolinea le continue ripetizioni del "gol del secolo" contro l'Inghilterra- "con quello e il gol di mano ho vendicato le Malvinas"- che prende in giro, alternativamente, Thatcher, Blair, i reali d'Inghilterra, Bush e Reagan; Manu Chao che fa una serenata personale a Maradona con la canzone che ha scritto per lui, La vida es una tombola, la seconda dopo Santa Maradona; un altro montaggio, ma questa volta dei filmini di famiglia. Diego non si discute, si ama. Ma chi lo odia, con questo documentario lo capirà di più. Non si dopava, si drogava: "pensate che gran giocatore- dice ironicamente- sarei stato senza la cocaina". Non giocava a calcio, era (ed è, ha ancora il tocco di un tempo) un artista, il migliore. Diego Armando Maradona dalle favelas di Villa Fiorito, Buenos Aires, è un uomo vero, divino nei piedi, umanissimo nel cuore e nel cervello, uno che ha sempre aiutato solo gli altri finendo per non aiutare se stesso. E se c'è chi lo considera Dio- Emir lo chiama Mr. God, nel film vediamo che esiste una chiesa maradoniana di fanatici- non è colpa sua. E' solo che ha dato gioia, passione, amore a milioni di persone, rimanendone infine schiacciato. Un campione maledetto, di quelli che piacciono tanto a questo festival di Cannes.