Si apre su un pene, lascito pendulo di un'autopsia che precipita gli organi a terra. Poi incrocia una vagina, sottoposta all'indagine ginecologica: è nato prima l'uovo o la vagina, recita la domanda senza risposta. Infine, la natura ritrova la congiunzione degli opposti, anzi, dei complementari: il geiser, la vagina e il pene altrove separati dalla cupidigia, scrutati dalla scienza. E' la Natura a ritrovarli, perché nella storia dell'Uomo sono ridotti, pervertiti a palliativi, perché in questa Diabolica Commedia la loro presenza è invero simbolica, sintomatica sparizione: Mefistofele è piatto davanti, non ce l'ha, e la sua immersione in acque poco lustrali stigmatizza questa generica mancanza. Rimane la lussuria, la brama, lust but not least, e la poetica del Faust di Aleksander Sokurov, Leone d'Oro, incrocia il suo stile.
Se la prospettiva affidata al grandangolo è anamorfica, ovvero tensione che ne esaspera alle estreme conseguenze il concetto classico (il Rinascimento non è più, già), nella brama di circoscrivere, introiettare il più possibile nel quadro, il percorso di Faust e di Mefistofele è dominato da un analogo rifiuto dell'anoressia: qui c'è il surplus di desiderio, ma in definitiva indifferente all'oggetto. Quella di Faust, quella di Mefistofele è una fame da bue, non da toro: bulimia, eccitazione senza atto, anzi, senza possibilità dell'atto. E' pura forma, è puro pensiero di un atto, di più, la copia di un originale desiderio mai esistito: la bulimia è un simulacro, come il pene che non c'è, e l'uovo che – incredibilmente – c'è nella vagina. Mutilazione e sparizione, il fenotipo che non c'è, sul versante maschile e scientifico, mentre la donna apre, s'avvicina all'ornitorinco della filosofia: il Faust cambia le carte in tavola, cambia gli esiti sul tavolo autoptico, sugli scalmi della ginecologia, sugli scranni dei filosofi. Il genere, la differenza di generi, è pervertita, il sesso, ovvero l'anello di congiunzione, missing in action.
Perché il sesso oggi, forse ora e sempre, è l'esternalità negativa del potere, una banconota che non va mai fuoricorso, ma che non paga nulla, solo conduce più in basso, spinti da un insaziabile desiderio. Lust but not least, perché dietro si spalanca il pozzo dei desideri, il pozzo dell'ultimativo desiderio: il Potere, poter fare ogni cosa e, soprattutto, poter non fare ogni cosa.
Bisogna liberarsene, tornare alla consapevolezza della finitezza dell'uomo, della definitiva insignificanza sul campo del Mondo. E bisogna ritrovare pene e vagina insieme, nella stessa inquadratura, come natura vuole (il geiser), perché l'ascensione, l'ascesa ritorni possibile: la mdp si alza verso la Montagna. E il campo, finalmente, è lunghissimo: Faust, il lillipuziano Faust, esce sulla sinistra in basso, per ripercorrere a ritroso le pagine della Storia, mentre l'occhio sale alla montagna. E la natura chiama Dio.