"Con le donne ho un rapporto d'amore, devozione e sudditanza. E' difficile spiegarlo, forse proprio per questo ho sentito l'urgenza di farne un film". Con lo stesso, inconfondibile garbo che un paio di anni fa accompagnava l'incredibile exploit di Pranzo di Ferragosto, Gianni Di Gregorio torna dietro la macchina da presa per realizzare l'opera seconda, Gianni e le donne, in sala dall'11 febbraio distribuito da 01 in circa 150 copie e in anteprima internazionale al Festival di Berlino (sezione Forum Speciale): "Il successo del film precedente mi ha responsabilizzato e terrorizzato - dice ancora lo sceneggiatore/regista - ma per fortuna alle spalle ho avuto un produttore come Angelo Barbagallo (BiBi Film, ndr) e Rai Cinema, che mi hanno tranquillizzato e protetto. Sul lavoro, poi, la saggezza e l'esperienza acquisita nel corso del tempo ti aiutano, lo stesso però non si può dire per la vita: ancora oggi commetto gli stessi errori di 30 anni fa, ancora adesso non riesco a superare momenti di timidezza e come sempre prima di una conferenza stampa mi devo bere un bicchiere di prosecco".
Come nel 2008, Di Gregorio interpreta ancora una volta Gianni: trasteverino, pensionato sessantenne, separato in casa, padre di un'adolescente (Teresa, sua figlia anche nella realtà) con una storia d'amore problematica e "padre acquisito" del ragazzo di lei, Michelangelo (Ciminale), nullafacente piazzato da giorni in casa sua. Vessato oltretutto dall'anziana mamma ultranovantenne (sempre interpretata dalla straordinaria Valeria de Franciscis Bendoni), nobildonna decaduta che vive in una villa a Caracalla e mantiene gli stessi, altissimi standard di vita dei tempi migliori, Gianni incomincia a riflettere sullo stato delle cose dopo che l'amico avvocato Alfonso (Santagata) lo mette di fronte ad una verità fino a quel momento mai immaginata: tutti i suoi coetanei, ma non solo, anche gli uomini parecchio più avanti di lui, hanno un'amante, una storia, una relazione affettiva con donne sensibilmente più giovani. E allora Gianni tenta di correre ai ripari: ma come ogni vecchio motore arrugginito, fermo da tempo, che prova a rimettersi in moto, non farà altro che produrre fracasso senza ottenere nulla.
"Anche questo, come il precedente, è un film di getto, che nasce da un'urgenza e che sviluppa una riflessione: ormai, a questa età, le donne ci vedono come una poltrona, o un lampadario, siamo trasparenti", spiega Di Gregorio. Che riconduce ad un'infanzia trascorsa da "figlio unico, con genitori molto grandi, in una casa dalle gigantesche tende scure e Leopardi tra le letture" il perché di una narrazione che alla comicità "passiva" mischia un sottofondo di palese malinconia: "Sin da piccolo ho imparato a reagire ridendo di qualsiasi cosa e la comicità è dovuta ad un vero e proprio modo di essere - racconta ancora Di Gregorio -. E la malinconia è il motore che regge tutto il film: il tempo passa davvero, mi interessava raccontare questo".
E di un sogno irraggiungibile - rappresentato dal corteggiamento impacciato nei confronti delle varie, giovani donne che popolano il film (dalla badante della madre, interpretata da Kristina Cepraga, alle gemelle Laura e Silvia Squizzato, dalla vecchia fiamma, interpretata da Valeria Cavalli, alla affettuosa vicina di casa Aylin Prandi) - che riporta gli sguardi ad una "normalità" ossigenante per i tempi che stiamo vivendo: "Certe volte i film sono più vicini alla realtà di quanto uno pensi o voglia", dice il regista, pronto a far fronte alle prevedibili domande che la stampa internazionale gli rivolgerà al Festival di Berlino in merito all'attuale situazione politica italiana: "Più è garbato, delicato il modo in cui vengono rappresentate alcune questioni, più è facile che si passi per provocatori. Sinceramente - conclude Di Gregorio - non era mia intenzione provocare: dovesse essere mi farebbe comunque piacere".