Nella giornata in cui Sakineh doveva essere giustiziata, all'Auditorium di Roma si innalza un coro di “no all'uso del male a fin di bene” (Pannella). E' tuo il mio ultimo respiro?, il documentario di Claudio Serughetti, realizzato in collaborazione con Nessuno Tocchi Caino, Amnesty International e Articolo 21, e distribuito da Cinecittà Luce,  è stato proiettato dal Festival capitolino per la sezione eventi speciali.
“Il nostro lavoro - dice il regista - tenta di spiegare le ragioni del movimento in favore dell'abolizione della pena di morte”. E aggiunge: “Abbiamo lavorato duramente per quattro anni raccogliendo interventi di personalità di spicco - come Marco Pannella, Oliviero Toscani, Dario Fo, Franca Rame, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio e molti altri - recuperando immagini di repertorio e realizzando interviste a persone comuni ”. Non disdegnando nemmeno i video di You Tube “per creare un collage che fosse il più possibile esplicativo” (Serughetti). A  ridosso della Giornata Internazionale contro la Pena di Morte, “affrontare in modo critico una simile piaga sociale non è un banale gesto di conformismo politico ma una necessità democratica”. 
A parlare è il Sottosegretario del Ministero dei Beni Culturali, Francesco Maria Giro, il quale mette in luce la sensibilità dimostrata dalle Istituzioni e rimarcata da Nicola Zingaretti. “Siamo qui non solo per cercare di salvare vite umane, ma soprattutto per riscrivere la gerarchia di valori civili”, dice il Presidente della Provincia di Roma, sottolineando “l'importante ruolo della moderna tecnologia, che permette alle testimonianze e alle iniziative di avere risonanza in tutto il mondo”. Quarantatre le nazioni che ancora adottano la pena capitale anche per reati meno gravi, come il furto “e fra di esse - sottolinea Oliviero Toscani - molte sono paesi democratici”. Due fra tutti, Stati Uniti e Giappone.
Secondo Sergio D'Elia, “il merito di Nessuno Tocchi Caino è quello di aver illuminato la faccia buia della pena di morte, svelandone gli orrori, nascosti dalle cosiddette democrazie, e di aver restituito dignità a tutti quei giustiziati che il sistema mediatico non racconta”.  Quei condannati di bassa estrazione sociale, appartenenti a minoranze etniche e religiose “che non smuovono interessi politici e sociali come Saddam Hussein”, insiste il segretario dell'Associazione, aggiungendo: ”Il dittatore iraqueno e Sakineh rappresentano le due facce della stessa arcaica ed anacronistica medaglia”.  E se le immagini delle esecuzioni presenti nel documentario vengono accusate di essere eccessivamente forti,  Giuseppe Giulietti di Articolo 21 risponde per le rime: “Se è giusto mostrare la morte di Sarah Scazzi in prima serata, è giusto anche raccontare un problema che riguarda l'intera umanità” . E a tal proposito Serughetti incalza: “Per raccontare il dolore bisogna mostrarlo”. Vero è, che ad essere proiettate non solo le morti dei condannati, ma anche le immagini di due impiccati salvati dalla folla. Per citare l'epigrafe finale, “questo film è dedicato a loro,  a tutti coloro che alla pena di morte sono sopravvissuti”.