Non un film sulla mafia, ma sulla vita di un piccolo mafioso raccontata nella sua quotidianità. E' Il dolce e l'amaro, diretto da Andrea Porporati e prodotto da Francesco Tornatore, in collaborazione con Medusa, per un costo di 4 milioni di euro, le cui riprese si concluderanno domani, dopo 6 settimane di lavorazione tra Sicilia e Piemonte. Interpretato da Luigi Lo Cascio, Fabrizio Gifuni e Donatella Finocchiaro, il film si svolge nell'arco di 25 anni, tra la fine dei '70 e i primi anni '90, e racconta la storia di Saro Scordia, ragazzino cresciuto per le strade del quartiere palermitano di Kalsa, che si lascia affascinare dal mito della "vecchia mafia", quella del rispetto, dell'onore, dei soldi e del potere, e da adulto entra nelle fila della criminalità organizzata. L'intento "è quello di raccontare cosa vuol dire essere mafiosi attraverso lo sguardo di uno di loro e come piano piano questo sguardo cambi" spiega Porporati. Il dolce e l'amaro è quindi anche la storia di una conversione. "Nei film di mafia si racconta sempre il momento dell'omicidio - continua il regista -, ma per me era più importante mostrare quello che accade il giorno prima nella persona che viene incaricata di ucciderne un'altra. Uccidere non è come si vede nei film, è un atto profondamente intimo e disumano e nel momento in cui lo copie Saro si rende conto che quello che ha davanti è un uomo e non una fotografia". Di qui la necessità di mostrare anche il lato "seducente" della mafia. "Il mafioso è uno che non fa la fila, ha potere, gode di rispetto, e questo, quando cresci per strada e sei un poveretto come tanti, conta ancora più dei soldi e delle donne. Alla fine Saro sceglie di fare la fila e ne è felice, perché capisce che quella del mafioso è una vita impossibile". Quanto ai pericoli insiti nel ritrarre la mafia come qualcosa di attraente, il regista si difende: "Non sempre raccontare una storia direttamente dalla parte dei buoni può essere educativo e morale". E' d'accordo Lo Cascio che nel film interpreta il ruolo del protagonista. "I cento passi racconta la storia di una figura esemplare come quella di Peppino Impastato - dice l'attore, che ha esordito proprio con il film di Marco Tullio Giordana -, ma quando lo abbiamo fatto vedere nelle carceri, sono rimasto stupito nel vedere come i detenuti si identificassero più con Tano Badalamenti che con lui. Ecco perché - dice l'attore - è importante raccontare la storia dal punto di vista di chi sta dall'altra parte, per renderlo appetibile anche ad altri occhi". Per Porporati, Il dolce e l'amaro è un po' come un gangster movie degli anni '40 o come una tragedia greca: "C'è qualcuno che sbaglia e alla fine ne paga le conseguenze". "E' la storia di un equivoco, di un malinteso, di una disillusione" continua l'attore. Alla vicenda di Saro s'intrecciano anche quelle di un suo vecchio compagno di giochi (Fabrizio Gifuni), che sceglierà di intraprendere una strada diversa e diventerà un giudice, e quella di Ada (Donatella Finocchiaro), donna all'antica e allo stesso tempo molto libera, di cui è da sempre innamorato. "Il mio personaggio è un po' un simbolo: per dire no alla mafia rinuncerò all'amore di Saro".