Ancora Italia alla Berlinale con Riparo di Marco Simon Puccioni. Dopo il film di Saverio Costanzo in concorso, e in attesa dei Taviani come evento speciale, il regista porta alla sezione Panorama il drammatico spaccato di un paese attanagliato da pregiudizi, precariato e difficoltà di integrazione. Al centro della storia, interpretata dalla portoghese Maria De Medeiros insieme ad Antonia Liskova e all'esordiente Mounir Ouadi, è il malsano triangolo che si instaura fra due donne e un ragazzo maghrebino, che si nasconde nella loro auto, al ritorno da una vacanza. "Il mio film - spiega Puccioni - vuole essere una rappresentazione dell'Italia di oggi, in tutta la sua complessità. Senza l'ambizione di giudicare, ma sollevando riflessioni su questioni attuali come l'immigrazione, il lavoro e le nuove forme di convivenza".
Proprio l'intreccio di così delicate tematiche ha indotto il regista a puntare su tre personaggi fra loro così diversi, come una ricca imprenditrice del nord-est produttivo, un'operaia della sua fabbrica e un nordafricano in cerca di fortuna. "Intenzione principale -  racconta Puccioni -, era evitare un tratteggio bidimensionale. Ritrarre l'immigrato buono e l'italiano cattivo, o viceversa, non avrebbe avuto senso. Le situazioni sono talmente complesse, che qualsiasi semplificazione sarebbe stata riduttiva". Scopo della storia, spiega, è anche quello di illustrare  le dinamiche distruttive innescate dall'emarginazione: "Mi premeva sottolineare la difficile convivenza fra queste persone. L'impatto esercitato su ciascuno di loro su problemi come l'integrazione, l'accettazione sociale e il lavoro". Emblematico, in questo senso, è il personaggio interpretato da Maria De Medeiros. Figlia di ricchi industriali, che offre rifugio e lavoro al giovane marocchino e salva la compagna dal licenziamento: "E' mossa da un profondo senso di giustizia, compassione e carità. Molto nasce però da un senso di colpa collettivo, che ingenera un comportamento instabile e pieno di fragilità". Fra i problemi che l'attanagliano spicca la difficile conciliazione della sua esistenza borghese con l'amore verso un'altra donna: "In una società così mobile e disgregata come quella di oggi, mi interessa soprattutto indagare come queste aggregazioni interagiscano con la società e il mondo che le circonda". La stessa ambientazione nel cuore industriale del Veneto risponde nelle intezioni di Puccioni a un preciso obiettivo: "Mi interessava raccontare un ambiente profondamente legato alla realtà della piccola imprenditoria. Una società pragmatica e diffidente, che allo stesso tempo riflettesse le dinamiche della delocalizzazione, che stiamo registrando anche su scala globale". La scelta del  Nord Est italiano incarna esattamente le contraddizioni che il film si propone di mettere in luce: "La peculiarità di quest'area sono oggi le sue contraddizioni. Da una parte attira lavoro e immigrazione, dall'altra li respinge. Fino a poco tempo fa, quando chiudeva una fabbrica, ce n'erano altre pronte ad assumere. Oggi il licenziamento è un dramma e la società non è pronta ad offrire alternative".