Volto noto della fiction e del cinema, Paolo Briguglia è ora sul set de L'invito, il film con Diego Abatantuono e Gérard Depardieu che Mimmo Calopresti gira in Calabria. Palermitano spigliato, 31 anni, da dodici vive a Roma.

Com'è il tuo personaggio?
Sono un ragazzo calabrese. Vorrei girare un film con degli amici, ma non sappiamo da dove cominciare. Veniamo a Roma, vediamo com'è diventato il mondo del cinema: una realtà dove non accade mai nulla, ma tutti vorrebbero succedesse qualcosa. Cinecittà è invasa dai reality e dalle fiction. Arriva Depardieu, deus ex machina: grazie alla sua fidanzata torniamo in Calabria a fare il film. Che prende una svolta comica, molto divertente. Mi piace Calopresti. Ha conservato lo spirito indipendente.

Il 2006 è stato un anno fortunato per te...
C'è stata la fiction su Falcone. A dicembre dovrebbe poi uscire il film-tv Il figlio della luna di Gianfranco Albano, in cui interpreto un fisico nucleare paraplegico che ho conosciuto, un tipo gioioso. Sono rimasto soddisfatto più che in altri ruoli, perché mi sono trovato dentro un altro mondo. Ma è ciò che amo del mio lavoro: essere fuori dalla tua vita, in un'altra dimensione. Poi ho lavorato nel film su Caravaggio, che forse andrà a Berlino, diretto da Angelo Longoni. Sono Mario Minniti, il siciliano aiuto e forse amante del pittore, che è un generoso Alessio Boni.

Hai anche lavorato con Pupi Avati, Marco Bellocchio e Sergio Rubini. Come ti sei trovato?
In Ma quando arrivano le ragazze?, Avati mi ha marcato stretto. Voleva tirassi fuori la forza del protagonista: una bella sfida. In Buongiorno, notte di Bellocchio ero invece una specie di coscienza critica del regista. Lo stimo molto, è gentile e ironico, ho partecipato per due anni alla sua scuola di cinema in Emilia. Rubini è sempre in ricerca. Il set de La terra è stato anche faticoso, ma alla fine molto bello. Il mio era un personaggio sopra le righe: una specie di Alioscia dei Fratelli Karamazov.

Quali sono le cose che reputi più importanti?
Cercare di stabilire rapporti pacifici fra noi, perché la vita sia più semplice e amorevole per sé stessi e gli altri, senza prevalere. Amo lo sport e la campagna fin da piccolo. Certo, non vorrei mai che questo lavoro mi portasse fuori dal senso della realtà, dalle cose più importanti.

Dal '97, l'anno del tuo diploma, ne hai fatta di strada. Un sogno?
Costruire un gruppo di lavoro teatrale con una équipe di registi e attori, che monta spettacoli possibilmente belli: l'arte bella ti arricchisce la vita. L'attore scompare dentro il ruolo e lo fa entrare nel cuore del pubblico. E' il modo di interpretare che mi piace.