"Non parlo di me come autore, ma ho scelto quella strada stretta che passa tra l'arte e il prodotto industriale". Così Giuseppe Piccioni (Giulia non esce la sera, La vita che vorrei, Fuori dal mondo) ha presentato il suo lavoro di regista agli studenti del corso di Semiologia del Cinema e degli Audiovisivi, tenuto all'Università Luiss di Roma dal Prof. Dario E. Viganò, Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo.
Una lezione tenuta con sincerità e trasporto da un filmmaker da sempre impegnato in una ricerca che concede poco al commerciale: "Il cinema d'autore non deve essere autoreferenziale ma ciò non significa abdicare a una visione del mondo e delle persone. Quando manca questo elemento, nei film si avverte qualcosa di meccanico". La ripetizione e lo stereotipo sono la prima insidia da superare nel lavoro di sceneggiatura, insieme a quella di "scegliere i personaggi e costruirli in modo tale da non identificarli solo con la loro professione". Dopodiché, il film "non è altro che un avvicinarsi al diventare carne e sangue", a prendere vita tramite la fisicità degli attori e del set.
Tante le curiosità degli studenti, sulla fase di scrittura e di montaggio, sul come disegnare una personalità e su come dare espressione compiuta a concetti e sentimenti. La vera chiave del mestiere di regista, spiega però Piccioni è "saper compiere delle scelte. Dirigere il lavoro di tutti in modo che le varie decisioni vadano tutte in una certa direzione", evitando sempre "il già fatto, il didascalico e il prevedibile". In una società in cui "le immagini sono prigioniere di un linguaggio troppo veloce", il cinema ha infatti la capacità, e forse il compito, di creare spazi in cui recuperare l'immaginazione e il pensiero, come la piscina al centro di Giulia non esce la sera: "Una terra di nessuno, dove un uomo e una donna possono riconoscersi come tali e amarsi", riscoprendo magari - al pari del protagonista - "l'incantesimo della realtà".